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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 2 – Aprile-Giugno 2021

Prima pubblicazione online: Giugno 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000055

Migrazioni internazionali International Migrations

di Laura Zanfrini

Abstract:

ENGLISH

Dopo aver definito il concetto di migrazioni internazionali, la voce illustra la complessità delle cause dell’intensificazione di questo fenomeno nell’epoca contemporanea. Passa quindi a descrivere come i migranti, oggetto di una speciale sollecitudine da parte della Chiesa, interpellino tutte le dimensioni della società, e come il Magistero abbia elaborato una serie di punti che si prestano a un dialogo fecondo con gli scienziati sociali e i policy makers.

Parole chiave: Migrazioni, Mobilità umana, Globalizzazione, Governance globale, Gestione dei confini
ERC: SH2_6 – Globalization, Migration, Interethnic relations

ITALIANO

After defining the concept of international migration, this item illustrates the complex causes which have been determined the intensification of this phenomenon in the contemporary era. It then describes how migrants, the object of special concern on the part of the Church, challenge all dimensions of the society. Finally, it observers that some crucial points elaborated by the Magisterium stimulate a fruitful dialogue with both the social scientists and the policy makers.

Keywords: Migrations, Human mobility, Globalization, Global governance, Border management
ERC: SH2_6 – Globalization, Migration, Interethnic relations

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1. Le migrazioni internazionali come concetto socialmente costruito

Da alcuni anni, le migrazioni sono uno dei temi più frequentati sia dalle scienze sociali, sia dalla dottrina sociale della Chiesa; il contenuto di questa voce riflette dunque solo in parte la ricchezza della riflessione su un fenomeno estremamente complesso e che intercetta tutte le dimensioni dell’esistenza, tutti i campi sociali e i livelli nei quali si articola la convivenza, da quello locale a quello globale.

Sebbene le migrazioni interne ai confini degli Stati siano un fenomeno rilevante sia dal punto di vista quantitativo sia da quello umanitario – specie quando assumono i caratteri della mobilità forzata [vedi voce “Migrazioni forzate”] –, l’attenzione prevalente va alle migrazioni internazionali, che comportano l’attraversamento di un confine statuale. Peraltro, tale concetto – così come quello di migrante internazionale (da qui in poi migrante) –, si riferisce all’attraversamento di un confine non necessariamente coincidente con una frontiera geografica, bensì definito socialmente e politicamente sulla base di criteri per lo più stabiliti unilateralmente dal Paese di destinazione e codificati attraverso le politiche migratorie, le norme che regolano il riconoscimento del rifugio politico o di altro status di protezione e i regimi di cittadinanza.

Com’è noto, infatti, al diritto d’emigrazione sancito dal diritto internazionale non corrisponde un diritto di immigrazione in un determinato Paese, la cui regolazione resta una prerogativa statuale. Ancorché le democrazie contemporanee non possano ricorrere a filtri all’ingresso basati su criteri etnici o razziali (ampiamente utilizzati nella storia delle migrazioni dell’età moderna), la possibilità di ingresso e soggiorno è di norma soggetta a criteri selettivi che discriminano i potenziali migranti in base ad aspetti quali il livello di qualificazione o il Paese d’origine, riflettendo gli interessi politici ed economici dello Stato di destinazione, ma anche i suoi valori e principi etici (con la previsione, ad esempio, del diritto al ricongiungimento familiare o di misure specifiche a favore dei soggetti vulnerabili e bisognosi di protezione).

All’esistenza di norme che limitano la mobilità internazionale delle persone si deve la distinzione tra migranti regolari e irregolari [vedi voce “Migrazioni irregolari”], mentre i migranti regolari sono a loro volta inseriti in sistemi di stratificazione civica, ossia in sistemi di disuguaglianze basati sulla relazione tra lo Stato e le diverse categorie di immigrati (es. comunitari/extra-comunitari, temporanei/permanenti, economici/non economici) che definiscono i diritti e le opportunità loro riconosciuti o negati.

2. Le migrazioni nell’epoca contemporanea

Sebbene le migrazioni accompagnino da sempre la storia umana, il numero di migranti è oggi il più elevato di tutti i tempi, sia in valore assoluto, sia come incidenza percentuale sulla popolazione mondiale (IOM, 2020). Componente strutturale del processo di globalizzazione, la mobilità internazionale interessa pressoché tutti i Paesi del mondo e tutti i gruppi sociali. Tuttavia, l’attenzione dei ricercatori e della dottrina sociale della Chiesa privilegia la componente più direttamente riconducibile al sistema di disuguaglianze su scala planetaria; porre a tema le migrazioni significa allora interrogarsi sul concetto di giustizia globale (Gaudium et spes, 1965, 63), laddove le migrazioni sono a un tempo risposta adattiva all’ingiustizia (e dunque espressione di un’agency individuale e familiare) e processo attraverso il quale prendono corpo ulteriori forme di disuguaglianza e ingiustizia.

All’intensificazione delle migrazioni concorrono innanzitutto la crescente interdipendenza tra le diverse regioni del pianeta e gli straordinari progressi nei trasporti e nelle comunicazioni; le dinamiche demografiche (che vedono contrapporsi le società economicamente avanzate, soggette al processo di invecchiamento, a quelle in via di sviluppo, interessate da elevati ritmi di crescita della popolazione in età attiva); il drammatico ampliamento delle disuguaglianze a livello intra e inter-societario e la pauperizzazione di ampi strati della popolazione; l’involuzione del quadro geo-politico di molte regioni e il proliferare di conflitti e guerre civili (la cosiddetta “terza guerra mondiale a pezzi”, come l’ha definita Papa Francesco); i rischi collegati ai mutamenti climatici e ambientali; lo sviluppo di una “industria dell’immigrazione” nelle sue componenti legali e illegali/criminali.

Coerente col Magistero sociale (cfr. ad esempio Evangelii gaudium, 2013, 184), è la necessità, data la consapevolezza della complessità del fenomeno, di fondare tutti i piani di intervento su una analisi obiettiva e scientificamente fondata delle cause strutturali dei flussi migratori.

3. La natura relazionale e trasformativa delle migrazioni

Peraltro, a fronte di un numero straordinariamente elevato di potenziali candidati alla migrazione, i migranti sono oggi solo il 3,5% della popolazione mondiale. Inoltre, per quel che riguarda le migrazioni volontarie (diverso il caso per quelle forzate), raramente si tratta dei più poveri tra i poveri, bensì di persone che dispongono delle risorse personali e relazionali necessarie per porre in atto una strategia, come la migrazione, che implica affrontare costi e rischi. Accanto alle risorse personali (es. istruzione, spirito d’intraprendenza) e familiari (es. i soldi per coprire i costi del viaggio), un fattore facilitante è costituito dalla possibilità di attingere al capitale sociale incorporato nei network migratori; o, ancora, dal radicamento, nelle comunità d’origine, di culture della migrazione che rendono quest’ultima un comportamento socialmente approvato (anche quando comporta la separazione prolungata dalla famiglia) e “contagioso”, capace di innestare forti spinte emulative. Proprio in virtù di questa sua natura relazionale, la migrazione coinvolge, di volta in volta, specifiche categorie sociali (per esempio a volte più gli uomini, altre più le donne), in relazione al tipo di “sapere migratorio” incorporato nei network e nelle culture migratorie e alle opportunità cui esso consente di accedere (in termini ad esempio di destinazioni possibili o sbocchi occupazionali). Infine, occorre sottolineare come raramente le migrazioni dal “Sud” al “Nord globale” riflettono una strategia individualistica di riuscita e sviluppo personale, ma sono di solito l’espressione di un mandato familiare di cui si trova investito il membro della famiglia più “adatto” a migrare.

In virtù della loro natura di fatto sociale totale, le migrazioni innescano forti processi di trasformazione sociale, tanto nelle società d’origine quanto in quelle di destinazione. La sociologia definisce le migrazioni uno “specchio” attraverso il quale è possibile cogliere le dinamiche di funzionamento della società, i punti di forza e di debolezza delle sue istituzioni, i processi di mutamento che l’attraversano, le sfide che si stagliano all’orizzonte, le implicazioni etiche delle politiche e delle pratiche sociali. Per i Paesi di destinazione, le migrazioni sono inoltre uno dei principali vettori della loro trasformazione in società multietniche, multiculturali e multi-religiose, ossia un fenomeno che, oltre ad avere un impatto sulla vita quotidiana e sulle istituzioni (economiche, politiche, culturali), sfida la stessa identità delle società e le incoraggia a riscoprire il proprio patrimonio culturale e religioso. Oggi ancor più che nel passato, le migrazioni interpellano tutti “per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che sollevano, per le sfide drammatiche che pongono alle comunità nazionali e a quella internazionale” (Caritas in veritate, 2009, 62).

4. La speciale sollecitudine della Chiesa per i migranti

Oltre a investire le dimensioni sociale, culturale, politica ed economica, le migrazioni toccano quelle religiosa e pastorale e costituiscono l’oggetto di una attenzione “speciale” da parte della Chiesa, presente fin dagli albori della dottrina sociale della Chiesa, ribadita all’interno di tutte le encicliche sociali così come nei pronunciamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II e, in particolare, nei documenti a esse esplicitamente dedicati: dalla costituzione apostolica Exsul familia (1952) alla lettera apostolica Pastoralis migratorum cura (1969) e alla successiva normativa canonica, fino all’istruzione Erga migrantes caritas Christi (2004) e al documento Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate (2013) pubblicato nelle ultime settimane del pontificato di Benedetto XVI. La sollecitudine verso i migranti ha trovato altresì espressione nell’istituzione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato – che si svolge ogni anno dal 1914, preceduta dalla diffusione di uno specifico Messaggio – e di un Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti (1988-2016). Papa Francesco, infine, ha fatto dell’attenzione ai migranti la cifra del suo pontificato: a livello simbolico, dedicando loro un pensiero già nel primo messaggio “Urbi et Orbi” il giorno di Pasqua del 2013, nonché la prima visita pastorale fuori dalla città di Roma (a Lampedusa, l’8 luglio 2013); a livello istituzionale, con la creazione (2017) della Sezione “Migranti e Rifugiati” (da qui in poi M&R) presso il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, temporaneamente posta sotto la guida del Pontefice; a livello politico, attraverso la denuncia della “globalizzazione dell’indifferenza” e gli innumerevoli riferimenti ai migranti nei messaggi, nelle omelie, negli indirizzi di saluto, oltre che nelle encicliche Laudato si’ (2015, 25, 134, 175) e Fratelli tutti (2020, 37-41, 129-141): una “insistenza” che ha fatto breccia nell’opinione pubblica mondiale, ben al di là dei confini del mondo cattolico, concorrendo al dibattito sul futuro auspicabile sistema di governance globale della mobilità umana.

Altrettanto rilevante l’impegno delle congregazioni (a partire da quelle il cui carisma è proprio la cura dei migranti), ordini religiosi, conferenze episcopali, diocesi, movimenti, associazioni nei campi dell’assistenza sociale e pastorale, dell’empowerment dei migranti, dell’advocacy per i loro diritti. La ricchezza dell’esperienza accumulata ha trovato sintesi nei 20 Punti di Azione Pastorale in cui, pur senza esaurire il Magistero della Chiesa, si propongono alcuni indirizzi sulla base dei bisogni riscontrati e delle migliori prassi delle Chiese locali. Questi punti, a loro volta, sono raggruppati nei “quattro verbi” annunciati col Messaggio per la 104ª Giornata del Migrante e del Rifugiato (2018): accogliere, proteggere, promuovere, integrare.

5. L’impegno per una governance globale equa e sostenibile

Selezionando, nel ricchissimo insegnamento del Magistero, taluni punti che si prestano a un dialogo fecondo con gli scienziati sociali e i policy makers, possiamo innanzitutto ricordare la necessità di costruire un sistema di governance globale della mobilità umana (Fratelli tutti, 132), inscritto in un corretto ordine di priorità che ponga al vertice la dignità della persona – fondamento, causa e fine di ogni istituzione sociale (cfr. Mater et magistra, 1961, 203) –, lo sviluppo integrale di ogni persona e di tutte le persone, e che rispetti i bisogni e il bene dei migranti, delle loro famiglie, dei Paesi d’origine, di transito e di destinazione (una prospettiva che anticipa quella che oggi si definisce migrazione sostenibile). Oltre che incoraggiando gli sviluppi del diritto internazionale, tale obiettivo va perseguito attraverso un metodo cooperativo e un approccio transnazionale, che valorizzi il ruolo e l’esperienza della società civile – e delle stesse organizzazioni d’ispirazione religiosa, molto attive sia nel sostegno ai migranti (cfr. il Rapporto sulla pastorale migratoria in Europa, realizzato da Università Cattolica del Sacro Cuore nel quadro di una convenzione con la M&R) sia nel campo dell’advocacy – e riconosca l’impegno delle innumerevoli persone, famiglie e comunità nell’accoglienza dei migranti e rifugiati. Questi principi, radicati nella tradizione della dottrina sociale della Chiesa – si veda ad esempio il richiamo di Paolo VI nella Populorum progressio (1967, 42) e quello di Benedetto XVI nella Caritas in veritate (2009, 62) – hanno trovato ulteriore affermazione attraverso la partecipazione al processo che ha condotto all’adozione dei due Patti Globali dedicati rispettivamente ai rifugiati e alla “migrazione sicura, ordinata, regolare e responsabile”. Oltre alla stesura di 20 Punti di Azione per i Patti Globali – contenenti i suggerimenti inviati alle Nazioni Unite e ai singoli Stati –, la M&R ha esercitato un’opera di sensibilizzazione a sostegno dell’iniziativa ONU che, significativamente, il Vaticano è stato il primo Stato a sottoscrivere, sebbene vi siano alcune riserve sul testo dei documenti finali approvati durante la Conferenza di Marrakech (2018).

6. Un approccio centrato sulla persona

Un secondo punto riguarda la necessità di adottare un approccio migrant-centered. Sebbene evocato anche dall’Approccio Globale su Migrazione e Mobilità – il quadro generale della politica migratoria esterna dell’Unione Europea – con il suo auspicio che le politiche migratorie rispondano innanzitutto alle aspirazioni e ai problemi delle persone coinvolte, esso fatica a imporsi in uno scenario egemonizzato dagli obiettivi di contenimento dei flussi e da una gestione tecnocratica delle migrazioni. Con la sua sollecitazione ad anteporre il fine dello sviluppo umano integrale a ogni altra considerazione (per esempio nella valutazione delle migrazioni irregolari), la dottrina sociale della Chiesa propone un’inedita prospettiva sulla quale basare sia l’analisi dei processi migratori, sia il loro governo (quando ad esempio si tratta di decidere se vi sia un diritto alla protezione internazionale), sia ancora la promozione dei percorsi d’integrazione dei migranti e di gestione della convivenza multietnica e multi-religiosa.

L’approccio centrato sui migranti implica un’attenzione per tutte le fasi del processo migratorio e d’integrazione (dalla preparazione della partenza fino all’eventuale ritorno al luogo d’origine) e la disponibilità non solo a riconoscere loro un diritto di parola, ma anche a entrare con essi in relazione (Fratelli tutti, 134) e a promuovere la “cultura dell’incontro”, “l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno” (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2015). Esso, infine, porta a ribaltare l’ordine delle priorità nella gestione delle migrazioni, ponendo al vertice non più le istanze politiche ed economiche, ma la promozione della persona umana (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2016) e rifuggendo dalle tentazioni di esclusivismo e arroccamento culturale.

7. Dall’agire “per” all’agire “con” i migranti

Infine, anticipando la logica promozionale che caratterizza gli attuali paradigmi dell’integrazione (cfr. ad esempio l’Agenda Europea per l’Integrazione), il Magistero individua nel migrante non un mero destinatario di interventi, ma un interlocutore attivo (Evangelii gaudium, 2013, 236) e ne incoraggia la partecipazione alla vita ecclesiale, sociale e civile sollecitando, da parte della stessa comunità ecclesiale, il passaggio da un agire “per” i migranti a un agire “con” i migranti (emblematico il Sinodo minore “Chiesa dalle Genti” indetto dall’Arcivescovo di Milano). Di più, i migranti sono indicati come una manifestazione di quella diversità dei membri della famiglia umana che costituisce una ricchezza da custodire. Quello che la dottrina sociale della Chiesa propone è dunque un approccio autenticamente interculturale, evocato dalla formula “comunione nella diversità”, esplicitazione di un “percorso di giusta integrazione che evita il ghetto culturale e combatte, al tempo stesso, la pura e semplice assimilazione dei migranti nella cultura locale” (Erga migrantes caritas Christi, 78) e costruisce – attraverso la “molteplice e varia ricchezza di doni” suscitata dallo Spirito Santo – “un’unità che non è mai uniformità ma multiforme armonia che attrae” (Evangelii gaudium, 117). Ciò implica, ad esempio, “una pastorale specifica che tenga conto della loro lingua e cultura” (Giovanni Paolo II, Ai partecipanti al Terzo Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti ed i Rifugiati, 5 ottobre 1991), ma anche la promozione di una cultura dell’accoglienza e della convivenza, attraverso azioni di sensibilizzazione per il superamento dei pregiudizi, il rispetto della legalità, l’affermazione del valore della diversità, la consapevolezza dell’interdipendenza globale.

8. Le migrazioni come risorsa per il bene comune

Al riguardo, un ulteriore punto fondamentale è la necessità di inscrivere il sostegno ai migranti e la promozione del loro sviluppo umano integrale nei piani di sviluppo dell’intera società. Ai governanti, in particolare, è affidato il compito di accogliere, proteggere, promuovere e integrare nei limiti consentiti dal bene comune (Pacem in terris, 1963, 57). I migranti, in quanto soggetti paradigmatici della vulnerabilità della condizione umana, ma anche della ineticità dei modelli di sviluppo, richiedono sicuramente risposte immediate ai loro problemi, ma sollecitano anche la costruzione di un ordine internazionale più giusto e sostenibile: nell’efficace sintesi della Centesimus annus (1991), “l’elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale e anche economica dell’intera umanità” (28). Approfondendo tale prospettiva, la proposta di una ecologia umana integrale sviluppata da Francesco chiarisce definitivamente il nesso tra le migrazioni e la sostenibilità sociale e ambientale dei modelli di sviluppo.

Sul piano procedurale, la comunione nella diversità auspicata dal Magistero indica la strada per favorire l’attivazione dei migranti nella costruzione del bene comune, l’identificazione della dimensione religiosa/spirituale come costitutiva delle pratiche di partecipazione e reciproco riconoscimento, il ruolo del dialogo interreligioso – inteso come confronto tra diverse concezioni valoriali, ma anche come ricerca di principi condivisi – per la definizione di un’etica globale sulla quale fondare le risposte ai problemi del mondo contemporaneo (cfr. al riguardo quanto emerso dalla ricerca d’interesse d’Ateneo “Migrazioni e appartenenze religiose”). Il Magistero della Chiesa e la sua esperienza per e con i migranti può così contribuire a forgiare il lessico, il quadro semantico e le modalità per ridisegnare i paradigmi economici e sociali e ridefinire teorie e pratiche della giustizia e dell’appartenenza.

Per la Chiesa, infine, il fenomeno delle migrazioni è inserito nella storia della salvezza e lo straniero è il messaggero di Dio che sorprende e “mette la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1, 14), offrendo l’occasione per vivere pienamente la cattolicità – sperimentando il pluralismo etnico e culturale che ne è dimensione costitutiva (Ap 7, 9) – e costruire una sorta di cittadinanza universale. Le migrazioni, sebbene a volte implichino drammi e sofferenza, sono dunque parte del disegno di Dio (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2017) e rappresentano una straordinaria occasione di auto-riflessività, approfondimento della fede e recupero del suo autentico significato.


Bibliografia
• Haas H., Castles S., Miller M.J. (2020), The Age of Migration. Sixth Edition. International Movements in the Modern World, Guildford Press.
• International Organization for Migrations (2019), World Migration Report 2020.
• Massey D.S., Arango J., Hugo G., Kouaouci A., Pellegrino A., Taylor J.E. (1998), Worlds in Motion: Understanding International Migration at the End of the Millennium, Oxford University Press.
• OCDE (2020), International Migration Outlook. Annual Report, Paris.
• Zanfrini L. (2016), Introduzione alla sociologia delle migrazioni, Laterza.


Autore
Laura Zanfrini, Università Cattolica del Sacro Cuore (laura.zanfrini@unicatt.it)