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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2022, 1 – Gennaio-Marzo 2022

Prima pubblicazione online: Marzo 2022

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000082

Fake news Fake news

di Aldo Frigerio

Abstract:

ENGLISH

Le fake news sono un fenomeno che suscita notevoli interrogativi e apprensioni data la loro notevole diffusione nel mondo moderno e dato il loro impatto negativo sulle società e sulla loro tenuta democratica. In questo contributo, si intende analizzare come le fake news possono essere definite e in quale misura esse possono essere considerate un fenomeno nuovo rispetto al passato dato che la diffusione di false notizie tramite i mass media è qualcosa di tanto antico quanto gli stessi mass media.

Parole chiave: Falsa notizia, Mass media, Internet, Social network, Riportare le parole altrui, Polarizzazione comunicativa, Disinformazione, Manipolazione, Algoritmo
ERC: SH4_12 Philosophy of mind, philosophy of language

ITALIANO

Fake news raise considerable concerns given their diffusion in the modern world and given their negative impact on societies and their democratic stability. In this contribution, I analyze how fake news can be defined and to what extent they can be considered a new phenomenon compared to the past since the dissemination of false news through the mass media is something as old as the mass media itself.

Keywords: False news, Mass media, Internet, Social network, Reporting another’s words, Polarization, Disinformation, Manipulation, Algorithm
ERC: SH4_12 Philosophy of mind, philosophy of language

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1. Che cosa sono le fake news?

Una possibile definizione

Non esiste una definizione condivisa di fake news, tanto che c’è qualcuno che propone addirittura di smettere di usare il termine vista la confusione a cui dà luogo. Tuttavia molti studiosi sarebbero pronti ad accettare la definizione che ne dà Galeotti (2019): le fake news sono a) notizie false b) diffuse tramite i media, specialmente i nuovi media, c) con l’intento di manipolare le opinioni delle persone in contesti politici polarizzati oppure di attrarre l’attenzione in modo da aumentare i click su certe pagine e su certi link così da trarne un profitto economico.

Questa definizione sottolinea che le fake news sono un sottoinsieme delle notizie false: non ogni notizia falsa è una fake news, perché esistono molti casi in cui chi diffonde false notizie non lo fa intenzionalmente. Chi fabbrica fake news invece lo fa deliberatamente con l’obiettivo di ingannare il pubblico in modo da ingenerare false credenze (Gelfert, 2018). Bisogna ovviamente ricordare che la verità o falsità delle notizie è una questione di grado e che ci sono notizie completamente false, notizie parzialmente false, notizie solo imprecise, ecc. Quindi, parlare di notizie false è solo un’utile semplificazione che qui adotteremo per denotare quelle notizie che hanno un grado di falsità tale da non poter più essere classificate come solo imprecise.

Un secondo punto importante di questa definizione è che le fake news sono news: esse sono diffuse tramite i media in modo da sembrare vere notizie. Da questo punto di vista le fake news si distinguono dal pettegolezzo e dal passaparola: sebbene ci siano delle analogie fra pettegolezzo e fake news, i pettegolezzi non sono di solito presentati in forma di notizia.

Il terzo punto importante della definizione riguarda il ruolo centrale che hanno i nuovi media (soprattutto i social network) nella diffusione delle fake news: tali media sono potenti diffusori di fake news sia per la quantità di persone che riescono a raggiungere che per la velocità con cui le fake news vengono trasmesse.

Ma allora che cosa c’è di nuovo?

Sebbene questa definizione colga molte importanti caratteristiche del fenomeno delle fake news, c’è da chiedersi se essa riesca a catturare l’aspetto di novità che esse hanno rispetto alle false notizie diffuse tramite i media nel passato. In effetti, la diffusione intenzionale di false notizie tramite i media al fine di ingannare le persone è un fenomeno vecchio quanto i media stessi. Da quando esistono i media, i regimi totalitari, per esempio, li hanno utilizzati per diffondere false notizie fra i cittadini al fine di affermare in maniera incontrastata e indiscutibile il proprio potere. Altre volte la diffusione delle false notizie ha avuto scopi economici, per esempio quello di convogliare gli investimenti pubblici e privati in una certa direzione.

Si potrebbe pensare che la differenza rispetto al passato non sia qualitativa ma quantitativa: le fake news sono oggi molto più diffuse che in passato. Tuttavia, da un lato, un’ipotesi del genere non rende conto del fatto che abbiamo la sensazione di trovarci di fronte a un fenomeno in parte nuovo. Dall’altro lato, è tutto da dimostrare che la diffusione delle fake news sia maggiore oggi rispetto al passato, specialmente rispetto a certi contesti del passato, ed è difficile fare analisi quantitative in questo senso.

I target diventano diffusori

In realtà, sembra esserci un aspetto di novità che queste definizioni non catturano: la modalità con cui le fake news oggi si diffondono è molto differente rispetto a quella in cui le false notizie si diffondevano in passato. Se in passato erano i governi, certe istituzioni, certi mass media facenti capo a una parte politica o a certi attori economici che diffondevano le false notizie e le persone erano bersagli passivi di tale diffusione, oggi sono gli stessi utenti-bersaglio delle false notizie che ripostano o ri-tweettano tali notizie sui social network e quindi contribuiscono in modo essenziale alla loro diffusione. Se quindi un tempo chi fabbricava la notizia falsa e chi la diffondeva erano lo stesso soggetto (per esempio, un giornale, un canale TV, un canale radio), sempre più spesso chi fabbrica la notizia è un soggetto differente da chi la diffonde, tanto che, a volte, non è chiaro neppure chi sia l’autore della notizia che viene diffusa e ripostata tramite la funzione Inoltra o quella Condividi o simili di un social network. Questo ha un impatto sia sui tempi di diffusione della notizia, che sono notevolmente accorciati, sia sulla capillarità della sua diffusione.

La novità delle fake news non consiste quindi in qualche loro caratteristica intrinseca. Ciò che è nuovo è la modalità di diffusione delle fake news: mentre un tempo chi era bersaglio delle false notizie ne era un bersaglio passivo, ora chi è bersaglio delle fake news contribuisce alla loro diffusione tramite repost, retweet e funzioni simili.

Sulla responsabilità dei diffusori

La novità che contraddistingue le fake news consiste quindi nella separazione dei ruoli fra fabbricatori e diffusori di notizie. Se la responsabilità dei primi è chiara – essendo soggetti che intenzionalmente producono false notizie al fine di ingannare i loro bersagli – quella dei secondi è molto più sfumata. Quale è la responsabilità di coloro che ripostano una falsa notizia? Da un lato, il semplice riportare quello che gli altri dicono di per sé non sembra implicare automaticamente l’essere d’accordo con loro. Chi riporta è responsabile circa la fedeltà del riporto all’originale (se dico che x ha detto y, allora il mio riporto è corretto solo se x ha detto veramente y), ma non del contenuto di quello che gli altri dicono (al limite, posso non essere d’accordo con quello che x ha detto, ma riportare ugualmente le sue parole per amor di discussione). Dall’altro lato, ripostare una notizia su un social network sembra implicare che la si ritiene rilevante e importante e quindi che chi riporta è d’accordo con il contenuto della notizia. Non stupisce quindi che da un lato gli utenti sembrano presupporre che chi riposta una notizia su un social network esprima il suo apprezzamento e la sua adesione al contenuto della notizia (Metaxas, 2017). Dall’altro però molti utenti che hanno ripostato una notizia falsa spesso si difendono dicendo che ripostare non significa approvare, scaricando la responsabilità su coloro che sono autori della notizia.

Una assunzione di accordo di default

Il repost e i retweek sono fenomeni nuovi e quindi probabilmente non sono state ancora stabilite regole etiche universalmente condivise a loro proposito (Rini, 2017). Tuttavia, è possibile già fare alcune considerazioni con un certo margine di sicurezza. Ripostare un messaggio non implica necessariamente la nostra adesione ad esso. In primo luogo, perché si può ripostare un messaggio per metterlo in ridicolo, per fare dell’ironia, per discuterlo, e per molte altre ragioni. In secondo luogo, perché è possibile ripostare messaggi che non fanno affermazioni (domande, promesse, ecc.) e fotografie, cioè materiali a proposito dei quali non è possibile esprimere propriamente un’adesione dato che non sono affermazioni. D’altro canto, è vero che, in assenza di fattori contestuali che smentiscano questa ipotesi, l’assunzione di default che viene fatta di fronte al rilancio di una affermazione è che chi riposta è d’accordo con quella affermazione. Ripostare è come indicare, sottolineare, mettere in evidenza l’affermazione altrui. Solitamente, si compiono queste operazioni quando si è d’accordo con il contenuto del messaggio ripostato e lo si ritiene importante. Ovviamente, chi risposta può farlo per altre ragioni ma allora deve manifestarle o comunque queste devono essere chiaramente inferite dal contesto del repost. In assenza di suggerimenti che smentiscano l’assunzione di default, siamo pienamente giustificati nel ritenere che chi riposta è d’accordo con il contenuto del messaggio perché non può che essere questa la ragione per cui lo mette in evidenza, lo sottolinea, lo ritiene importante (Marsili, 2021).

2. Fake news e magistero della Chiesa

Le fake news sono un fenomeno relativamente nuovo; di conseguenza non sono ancora numerosi i pronunciamenti del magistero della Chiesa su questo argomento. Tuttavia, Papa Francesco ha dedicato il suo messaggio per la 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (2018) proprio a questo tema. Nel messaggio viene ricordata la natura mimetica delle fake news, cioè la loro capacità di apparire plausibili, e la loro natura capziosa, cioè la loro capacità di attirare l’attenzione dei destinatari facendo leva su stereotipi, pregiudizi, emozioni. Smascherare le fake news non è facile, anche perché i social network tendono a creare “bolle” impermeabili a opinioni divergenti dalle proprie e a notizie non conformi con i punti di vista prevalenti nella bolla. Ciò, oltre a produrre disinformazione, alimenta i pregiudizi nei confronti di coloro che la pensano diversamente e impedisce il dialogo fra modi di pensare differenti. Uno dei maggiori pericoli delle fake news è la rappresentazione dell’altro come nemico, che può spingersi fino alla sua demonizzazione con la conseguente creazione di conflitti.

Il messaggio esorta tutti al compito di cercare di individuare le fake news in modo da non diventarne diffusori. Poiché spesso le fake news sono difficili da riconoscere, ciò richiede una educazione da parte degli utenti. Si tratta innanzitutto di insegnare le tecniche di diffusione delle fake news e la loro natura subdola in modo da non diventare complici di chi le ha fabbricate, ma si tratta anche di una educazione morale, di un “lasciarsi purificare dalla verità”, che non è solo qualcosa di concettuale ma qualcosa che riguarda la nostra vita intera. Infatti, la verità sgorga dalle relazioni con le persone e dall’ascolto reciproco.

Sui doveri di chi crea contenuti diffusi tramite i mass media si era già espresso il decreto del Concilio Vaticano II sugli strumenti di comunicazione sociale (Inter mirifica, 1963, 11). Gli autori hanno grandi responsabilità in quanto possono indirizzare la società verso il bene o verso il male. Essi dovrebbero quindi conciliare i propri interessi economici e le proprie idee politiche con il bene comune.

Infine, il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ha ricordato che la libertà di espressione non può andare a scapito della verità: il criterio dell’accuratezza e dell’integrità delle notizie deve essere la guida principe di chi le diffonde (Etica e internet, 2002, 14).

3. Proposte di cura

Una responsabilità condivisa da tutti

Come ricordato nei documenti del Magistero, le fake news hanno conseguenze molto negative sulla società e nei casi estremi possono compromettere la loro tenuta democratica. Il diffondersi delle fake news costituisce una distorsione nel dibattito politico e sociale e può indirizzare i cittadini verso comportamenti scorretti e controproducenti. Inoltre, le fake news minano la fiducia in tutte le fonti di informazioni, anche quelle più autorevoli, e disorientano i cittadini che si trovano così privi di autorità epistemiche.

Come si è detto, la novità principale delle fake news consiste nella loro modalità di diffusione. Sono i destinatari stessi delle fake news che finiscono per diffonderle tramite le funzioni di sharing dei social network. Se una volta la responsabilità di diffusione di false notizie tramite i mass media ricadeva interamente su giornalisti e altri operatori specializzati del settore, ora la responsabilità è collettiva e noi tutti siamo chiamati in prima persona a fare in modo che le fake news si diffondano il meno possibile. Le esortazioni della Inter Mirifica, rivolte un tempo a chi operava professionalmente nel campo dei mass media, possono oggi essere estese a tutti perché gli utenti stessi sono diventati degli attori importanti nella diffusione delle notizie.

Tale responsabilità si estende inoltre anche alle aziende che gestiscono i social network. Sicuramente queste aziende hanno un ruolo cruciale nel favorire la diffusione e lo scambio delle idee e nel facilitare la trasmissione dell’informazione e la comunicazione fra gli utenti. Inoltre, esse sono solo i mezzi con cui le fake news oggi principalmente si propagano e non hanno una responsabilità diretta nella loro fabbricazione o trasmissione. Tuttavia, è indubbio che i loro algoritmi siano attualmente impostati in modo da facilitare il compito dei diffusori di fake news, perché favoriscono la quantità di condivisioni e visualizzazioni a scapito della qualità dei contenuti. Quanto più è elevata tale quantità tanto più è alto il loro profitto economico. Tali aziende hanno quindi importanti responsabilità nella diffusione delle fake news.

Interventi a livello individuale

Fornire precise indicazioni per evitare la diffusione delle fake news non è facile. Tuttavia, sembra chiaro che si debba agire su più livelli: individuale, aziendale, governativo. Per quanto riguarda il livello individuale, come già ricorda il messaggio di papa Francesco, è importante l’opera di educazione degli utenti. Internet è un mezzo che può essere utilizzato bene o male come qualunque altro mezzo. Per usare alcuni mezzi – ad esempio le automobili – l’utente deve seguire specifici corsi di formazione. Per l’uso di Internet non è previsto niente del genere. Poiché però un uso sbagliato di internet ha impatti negativi notevoli sulla società, fra cui la diffusione delle fake news, non appare sproporzionato che vengano forniti forme e momenti di educazione istituzionale all’uso di internet, ad esempio nella scuola. A questi momenti deve affiancarsi l’opera delle famiglie e degli educatori che non dovrebbero trascurare questi aspetti dato il loro impatto sempre più importante sulle vite di ciascuno di noi e sulla società in cui viviamo. Un aspetto importante di questi interventi educativi dovrebbe essere quello di fornire agli utenti strumenti per discernere quali sono le fonti di informazioni affidabili e autorevoli, distinguendole da quelle non autorevoli. Su un social network o su un feed di notizie, tutte le news sono poste sullo stesso piano e quindi spetta all’utente cercare di selezionare quelle che meritano attenzione perché provenienti da fonti affidabili. Si tratta quindi di addestrare gli utenti in questo compito di selezione.

Interventi a livello aziendale

Un importante aiuto alla risoluzione del problema dovrebbe venire dai social network. Oggi aziende come Google o Facebook sono i maggiori editori al mondo in termini di fatturato. Attualmente i loro algoritmi sono ideati in modo da proporre agli utenti le notizie su cui è più probabile che essi cliccheranno. Più click infatti si traducono in maggiori profitti per queste aziende. Questo meccanismo tuttavia comporta spesso che vengano proposte all’utente soprattutto le notizie che possono sostenere e rinforzare l’opinione che egli o ella si è già formato, mentre le notizie avverse a quell’opinione scarseggeranno. In tal modo, gli utenti troveranno molte conferme e poche smentite al loro punto di vista. Questo tende a sfavorire il dialogo e a radicalizzare i punti di vista e gli atteggiamenti di chiusura verso coloro che hanno opinioni differenti. Gli algoritmi di queste aziende dovrebbero essere dunque modificati in modo da puntare maggiormente sulla qualità delle notizie che vengono proposte agli utenti piuttosto che sulla loro attrattività in termini di click. Esporre gli utenti a notizie il più possibile veritiere e rispecchianti la complessità del reale potrebbe avere un impatto sui profitti di queste aziende, ma sarebbe anche un importante passo verso una società migliore.

Interventi a livello governativo

Infine, i governi possono avere un importante ruolo nella coordinazione dei vari interventi. Sicuramente questi interventi possono essere censori nei casi estremi. Si tratta evidentemente di interventi molto delicati perché devono sempre trovare un equilibrio fra la necessità di garantire la libertà di opinione e di espressione da un lato e quella di impedire la diffusione di contenuti che incitano all’odio o che rischiano di avere impatti seri sulla tenuta democratica del paese dall’altro. Trovare questo equilibrio può non essere semplice e richiede un attento esame caso per caso. Inoltre, la sola censura non può essere l’unica soluzione sia perché è un intervento a posteriori, che si verifica quando la falsa notizia si è già diffusa – e ha raggiunto un alto numero di utenti data la velocità di propagazione sui social network – sia perché operare interventi di censura su centinaia di milioni di post è irrealistico. Piuttosto i governi dovrebbero finanziare programmi di educazione dei cittadini volti a un uso responsabile e proficuo di internet e intervenire sulle grandi aziende che controllano i social network in modo che i loro algoritmi favoriscano anche la qualità dell’informazione e non solo il profitto.

Voce correlata: Hate speech, linguaggio d'odio


Bibliografia
• Galeotti A.E. (2019), Believing fake news, in A. Condello, T. Andina (eds), Post-Truth, Philosophy and Law, Routledge.
• Gelfert A. (2018), Fake news: A Definition, «Informal Logic», 38:1, 84-117.
• Marsili N. (2021), Retweeting: its linguistic and epistemic value, «Synthese», 198, 10457-10483.
• Metaxas P. and Trails Research Team (2017), Retweets indicate Agreement, Endorsement, Trust: A Meta-Analysis of Published Twitter Research.
• Rini R. (2017), Fake news and Partisan Epistemology, «Kennedy Institute of Ethics Journal», 27: 2, 43-64.


Autore
Aldo Frigerio, Università Cattolica del Sacro Cuore (aldo.frigerio@unicatt.it)