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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 2 – Aprile-Giugno 2021

Prima pubblicazione online: Giugno 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000053

Risparmio e debito pubblico: una prospettiva costituzionale Saving and public debt: a constitutional perspective

di Camilla Buzzacchi

Abstract:

ENGLISH

Il risparmio è un valore tutelato dalla Costituzione, che soddisfa interessi privati: la sua destinazione può essere anche a sostegno di un debito pubblico da considerare favorevolmente se volto a finanziare una spesa a garanzia di diritti e di progresso della comunità nazionale. Tale lettura emerge dalla dottrina costituzionalistica ed è in sintonia con la posizione del Magistero, che concepisce il risparmio anche come bene pubblico e richiede che il debito non comprometta il bene dei popoli.

Parole chiave: Risparmio, Investimenti, Debito, Diritti, Solidarietà, Costituzione
ERC: SH2_1 Political systems, governance

ITALIANO

Savings are a constitutional value, which guarantees private interests but can also support a public debt to be favorably considered if aimed at financing an expenditure for the satisfaction of rights and the progress of the national community. This reading of the constitutional doctrine is aligned with the Magisterium, which recognizes the savings also as a public good and requires that the debt does not compromise the well-beings of peoples.

Keywords: Savings, Investment, Debt, Rights, Solidarity, Constitution
ERC: SH2_1 Political systems, governance

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La Costituzione e il ruolo del risparmio tra interessi dei privati, obiettivi di crescita e debito pubblico

Il risparmio è il risultato della preservazione di una parte delle risorse finanziarie di un privato per un uso che avverrà in futuro, quando potranno essere maggiormente necessarie. Esso è stato a lungo interpretato sia dalla letteratura economica che da quella giuridica come quell’insieme di mezzi finanziari destinati a entrare nel circuito della produzione, dunque come garanzia degli investimenti, per la distribuzione della proprietà e della ricchezza (Merusi, 1980).

Il risparmio è strettamente connesso allo strumento del debito pubblico, che da poco più di due secoli è utilizzato dagli Stati e dalle amministrazioni per finanziare la spesa in disavanzo (Musu, 2012). In origine il debito delle istituzioni di governo aveva natura privatistica e vi si ricorreva per eventi del tutto eccezionali, quali calamità o conflitti bellici: con il passaggio a forme di Stato caratterizzate da un maggiore impegno pubblico nelle spese di welfare il fenomeno è stato quello di bilanci in disavanzo, e non più in pareggio, a fronte dei quali le istituzioni hanno fatto crescente ricorso a due potenti strumenti di entrata: quello di natura tributaria e quello di accesso al credito. Il debito rappresenta pertanto una forma di entrata straordinaria per le istituzioni pubbliche: la sua alimentazione dipende interamente dalle scelte di accumulo di liquidità, e dunque dal risparmio di soggetti privati, siano essi cittadini o fondi. Esso può rappresentare la condizione per raggiungere obiettivi di espansione, operando sia sul versante dei consumi che su quello della produzione e dell’occupazione.

Circa il quadro costituzionale, l’art. 47 esprime l’impegno della Repubblica a incoraggiare e tutelare il risparmio, con riferimento principalmente alla liquidità monetaria, che implica la difesa del valore della moneta contro l’inflazione. La disposizione indica inoltre alcune destinazioni del risparmio che godono di espresso favore: la proprietà dell’abitazione, la proprietà diretta coltivatrice e l’investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese sono impieghi che la Costituzione reputa di particolare merito. Quanto al debito, esso è oggetto di divieto in virtù dell’art. 81, ma il ricorso ad esso è previsto per effettuare una spesa che, nel contrastare cicli economici avversi, garantisca i diritti e assicuri beni di rilevanza costituzionale.

Tale cornice giuridica nazionale deve da più di due decenni tenere conto delle fiscal rules dell’Unione europea che, dal Trattato di Maastricht del 1992 al Patto di Stabilità e crescita del 1997 fino al Trattato del 2012 noto come Fiscal Compact, richiedono agli Stati che aderiscono alla moneta unica il rispetto di parametri quantitativi, che condizionano la spesa in disavanzo e la misura del ricorso ai mercati finanziari. Tale disciplina è espressamente volta a indirizzare la programmazione finanziaria nazionale – che si svolge secondo i passaggi fissati dal Semestre europeo, per uno stretto coordinamento tra istituzioni dell’Europa e i governi – alla preservazione di saldi il più possibile virtuosi. I mercati finanziari, dove il risparmio dei soggetti privati può rivolgersi al sostegno delle politiche in debito degli Stati, rimangono sedi di primaria rilevanza per la raccolta di risorse, da cui gli ordinamenti nazionali dipendono in grado crescente. Tanto più tale prospettiva diventa rilevante in relazione ai programmi europei di ripresa collegati all’emergenza sanitaria: nel 2021 i finanziamenti di Next Generation EU sono destinati a fare affidamento su investimenti privati, che alimenteranno i “debiti sovrani” a fronte di garanzie prestate – per la prima volta nella storia dell’integrazione europea – dal bilancio dell’Unione.

Le scelte responsabili su risparmio e consumo

Il Magistero sociale non offre una trattazione etico-sistematica del denaro, del risparmio e dell’investimento: alcuni temi affrontati in un’ottica di giustizia sociale permettono, però, di considerare rilevanti i criteri etici riguardanti la gestione finanziaria delle risorse di ogni singolo e di tutti, per interrogarsi se essa tenda a favorire “la ricchezza e la concentrazione del potere o, al contrario, l’esigenza di solidarietà, la priorità del lavoro nei confronti del capitale e la destinazione universale dei beni” (Conferenza Episcopale Italiana, La Chiesa Cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, ambientale e di governance, 2020, 48).

Tuttavia il risparmio, specie quello familiare, viene qualificato un bene pubblico da tutelare, che esige di essere ben amministrato e non semplicemente gestito (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, 2018, 22). A tal fine è necessaria una debita regolazione giuridica ma anche paradigmi culturali adeguati, e soprattutto “un esercizio critico e responsabile del consumo e dei risparmi” (ivi, 33): la necessità che intervenga “un giudizio di valore sui progetti di investimento che le risorse andranno a finanziare” è del resto un ammonimento già affermato (Centesimus annus, 1991, 36). In più si riconosce la capacità dei risparmiatori di “influenzare la realtà economica” con “le loro libere scelte tra consumo e risparmio. La possibilità di influire sulle scelte del sistema economico, infatti, è nelle mani di chi deve decidere sulla destinazione delle proprie risorse finanziarie” (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2004, 358). Le funzioni del risparmio per lo sviluppo complessivo del sistema economico e sociale vengono dunque prospettate positivamente, anche se l’avvertimento è che l’economia finanziaria non sia “fine a sé stessa” perché così facendo “è destinata a contraddire le sue finalità, poiché si priva delle proprie radici e della propria ragione costitutiva, ossia del suo ruolo originario ed essenziale di servizio all’economia reale e, in definitiva, di sviluppo delle persone e delle comunità umane” (ivi, 369).

In relazione al debito pubblico, si denuncia come sia spesso generato da una malaccorta, se non dolosa, gestione del sistema amministrativo pubblico, rappresentando oggi uno dei maggiori ostacoli al buon funzionamento e alla crescita delle economie nazionali. I singoli Stati sono invitati a rimediare con adeguate gestioni del sistema pubblico attraverso sagge riforme strutturali, e anche mediante politiche di concordata riduzione del debito pubblico, specie quando questo è detenuto da soggetti di tale consistenza economica da essere in grado di offrirla. Tali soluzioni vengono additate non solo per la sanità del sistema economico internazionale, ma ancor più per il perseguimento del bene comune dei popoli nel loro insieme (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, 32).

La dottrina della Chiesa dimostra poi particolare sensibilità per la situazione debitoria dei Paesi poveri: l’invito che si esprime è che la comunità internazionale non trascuri una simile situazione, perché, fermo il principio che il debito contratto va onorato, occorre sempre “trovare le vie per non compromettere il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso” (Centesimus annus, 35; cfr. anche Pontifical Commission “Iustitia et Pax”, At the service of the human community: an ethical approach to the International Debt Question, 1986).

Costituzione e Magistero per una finanza pubblica al servizio dei diritti

La dottrina costituzionale vede negli artt. 47 e 81 i fondamenti di un sistema finanziario basato sulla tutela di un investimento che sia capace di soddisfare non solo l’interesse individuale, ma anche un interesse collettivo all’ottimale ed equilibrata distribuzione delle risorse, e all’efficienza dell’intero sistema economico (Dettori, Zito, 2007). Tale dottrina si dimostra così in sintonia con il Magistero, che ha segnalato il pericolo dell’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria (Evangelii gaudium, 2013, 6), mentre il debito pubblico – assecondato dalla teoria keynesiana e fintantoché usato in coerenza con i principi della sana finanza (Giarda, 2011) – è stato e può ancora essere una leva fondamentale per garantire l’affermazione e il consolidamento dello Stato sociale, ovvero di quel sistema di prestazioni e di servizi che soddisfano diritti e libertà di livello costituzionale. In presenza di un debito così impiegato, il risparmio – da cui tale debito dipende – può ben leggersi e collocarsi in una prospettiva di rilevanza “comunitaria” (Buzzacchi, 2016), come richiesto dall’insegnamento della Chiesa, che addita lo “sviluppo delle persone e delle comunità umane” come orizzonte dell’economia finanziaria (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 369). Il sostegno dei risparmi privati ai debiti sovrani può infatti costituire un virtuoso rapporto, purché l’indebitamento delle istituzioni politiche sia funzionale a sostenere una spesa pubblica autenticamente volta al progresso spirituale e materiale della collettività, e soprattutto ispirata alla solidarietà.


Bibliografia
• Brancasi A. (2014), Bilancio (equilibrio di), in Enciclopedia del diritto, Annali, VII, Giuffrè.
• Buzzacchi C. (2016), Risparmio, credito e moneta tra art. 47 e funzioni della Banca Centrale Europea: beni costituzionali che intersecano ordinamento della Repubblica e ordinamento dell’Unione, «Costituzionalismo», 2.
• Dettori S. - Zito A. (2007), Risparmio (tutela del), in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di M. Chiti e G. Greco, Giuffrè.
• Merusi F. (1980), Art. 47, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, vol. III, Zanichelli.
• Musu I. (2012), Il debito pubblico, Il Mulino.


Autore
Camilla Buzzacchi, Università Cattolica del Sacro Cuore (camilla.buzzacchi@unicatt.it)