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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2023, 2 – Aprile-Giugno 2023

Prima pubblicazione online: Giugno 2023

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000127

Nuove schiavitù Modern slavery

di Alberto Aziani, Marina Mancuso

Abstract:

ENGLISH

Le nuove schiavitù si concretizzano nel reclutamento e trasferimento illegale di persone attraverso confini nazionali o all’interno di uno stesso paese con lo scopo di sfruttamento sessuale, lavoro forzato, servitù domestica, traffico di organi e matrimoni forzati. Le vittime sono spesso sottoposte a violenze fisiche e psicologiche e costrette a lavorare in condizioni estremamente precarie. Le cause sono molteplici e complesse, spesso legate a situazioni di povertà, discriminazione, violenza e generale ineguaglianza economica e sociale. Dal Nuovo Testamento all’enciclica del 2020, Fratelli tutti, la Chiesa cattolica ha sottolineato l’importanza di tutelare la dignità umana e di combattere ogni forma di sfruttamento.

Parole chiave: Tratta degli esseri umani, Sfruttamento sessuale, Lavoro forzato, Migranti, Mobilità umana
ERC: SH3_4 Social integration, exclusion, prosocial behavior SH3_9 Poverty and poverty alleviation SH7_2 Migration SH3_3 Aggression and violence, antisocial behaviour, crime

ITALIANO

The new forms of slavery materialize in the illegal transfer of people across national borders or within a single country for the purpose of sexual exploitation, forced labor, domestic servitude, organ trafficking, and force marriages. Victims are often subjected to physical and psychological violence and forced to work under extremely precarious conditions. The causes are multiple and complex, often linked to situations of poverty, discrimination, violence, and income and social inequalities. From the New Testament to the 2020 encyclical Fratelli tutti, the Catholic Church has emphasized the importance of safeguarding human dignity and combating every form of exploitation.

Keywords: Human trafficking, Sexual exploitation, Forced labour, Migrants, Human mobility
ERC: SH3_4 Social integration, exclusion, prosocial behavior SH3_9 Poverty and poverty alleviation SH7_2 Migration SH3_3 Aggression and violence, antisocial behaviour, crime

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Inquadramento del fenomeno

Nel corso dei secoli, il fenomeno della schiavitù si è evoluto, adattandosi ai cambiamenti politici, sociali ed economici che hanno interessato tutti i continenti. Oggi si parla di “nuove schiavitù” per indicare tutte le forme di sfruttamento e dipendenza sofferte in primis dalle vittime della tratta degli esseri umani (adulti e minori). A sua volta, la tratta degli esseri umani riguarda il reclutamento e il trasferimento illegale di persone attraverso confini nazionali o all’interno di uno stesso Paese a scopo di sfruttamento. Questo comprende lo sfruttamento sessuale, l’imposizione di lavoro forzato (in particolare in agricoltura, nell’edilizia, e come servitù domestica), il prelievo di organi, il matrimonio forzato e altre forme di sfruttamento.

Il Protocollo delle Nazioni Unite sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri umani, in particolar modo donne e bambini, addizionale alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale, specifica che i mezzi con cui viene messa in atto la tratta degli esseri umani includono «l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra». Le Nazioni Unite sottolineano che l’eventuale consenso delle vittime è da considerarsi sempre irrilevante.

La portata del fenomeno è significativa e in continua evoluzione e lo è anche la grave violazione dei diritti umani che ne consegue. Le vittime, infatti, vivono relazioni contrattuali asimmetriche che le rendono dipendenti, sia fisicamente che psicologicamente, dai loro sfruttatori. La relazione di forza che si crea lede qualunque forma di dignità umana e pone le vittime in una condizione di costante subordinazione, assimilabile alle antiche forme di schiavitù. L’impossibilità di autodeterminarsi, combinata con la mancanza di libertà, le violenze fisiche e psicologiche subite e le modalità di lavoro del tutto irrispettose dei diritti dei lavoratori, configurano il reato di tratta di esseri umani come un reato contro la persona.

Cause del fenomeno

Le cause principali della tratta di esseri umani sono molteplici e complesse, spesso legate a situazioni di povertà estrema, discriminazione, violenza e conflitti armati nelle aree di provenienza delle vittime. Le persone che vivono in situazioni di estrema povertà possono essere più facilmente sfruttate e costrette a lavorare in condizioni di schiavitù. Le persone appartenenti a gruppi vulnerabili come donne, minori, minoranze etniche, rifugiati e migranti possono essere particolarmente a rischio di tratta e sfruttamento. I conflitti armati e le situazioni di instabilità politica e sociale possono facilmente aumentare la vulnerabilità delle persone, costringendole a fuggire dalle proprie case e a diventare vittime di tratta.

Coerentemente con queste determinanti, per quanto la tratta degli esseri umani avvenga in tutti i Paesi del mondo, le principali aree di provenienza delle vittime delle nuove forme di schiavitù sono l’Africa subsahariana, l’Asia meridionale, l’Europa orientale e l’America centrale.

Accanto a questi fattori di spinta della tratta di esseri umani, vi sono altri fattori di attrazione nelle aree di destinazione dove le vittime vengono sfruttate. Tra questi, l’alta domanda di lavoro a basso costo in alcuni settori – come l’agricoltura, l’edilizia, il turismo e la produzione di beni a basso costo – e la domanda di servizi sessuali a pagamento. La domanda di manodopera a basso costo si manifesta nel Sud del Mondo così come in Paesi ad alto reddito pro-capite, dalla California al Qatar, al Giappone, Italia compresa. In Italia, le forme di schiavitù moderna più diffuse sono legate soprattutto allo sfruttamento sessuale, principalmente di donne straniere, e lavorativo. Nell’ambito del lavoro forzato le vittime sono per la maggior parte dei casi lavoratori migranti, spesso in situazione di irregolarità, costretti a lavorare in condizioni di grave sfruttamento e a subire minacce e violenze da parte dei propri datori di lavoro.

Alcuni dati sul fenomeno

Secondo l’ultimo Global Report on Trafficking in Persons pubblicato nel 2023 dall’United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), dopo una crescita costante nel numero delle vittime di tratta identificate in tutto il mondo, il tasso di vittime per 100.000 abitanti si è ridotto dell’11% nel 2020 rispetto al 2019. Questa riduzione ha interessato maggiormente le vittime di sfruttamento sessuale (-24%) e la tratta transfrontaliera (-21%). Questi trend non denotano una reale riduzione del reato di tratta, ma possono essere in parte spiegati dalla pandemia da Covid-19 e dalle conseguenti misure restrittive: lo sfruttamento sessuale si è progressivamente spostato in luoghi meno visibili a causa dei lockdown imposti in molti Paesi diventando così meno evidente e riconoscibile, mentre le più generali restrizioni alla mobilità hanno ridotto i movimenti delle persone tra Paesi.

Un altro dato che emerge dal Global Report è che per la prima volta le vittime di tratta per lavoro forzato hanno raggiunto il numero di vittime di tratta per sfruttamento sessuale (38,8% contro 38,7% nel 2020). Si è assistito quindi ad un forte aumento nel lavoro forzato, iniziato già da una decina d’anni. Questo è dovuto principalmente all’alta e sempre in crescita domanda di manodopera a basso costo da impiegare in svariati settori. Diversi fattori di rischio accomunano i settori economici maggiormente interessati dal lavoro forzato. Primo fra tutti, la scarsa visibilità di alcune attività economiche (lavoro domestico, agricoltura, pesca, ecc.) consente di occultare agevolmente lo sfruttamento e la messa in atto di pratiche servili. Oltre a questo, il deterioramento generale dei diritti dei lavoratori (salari bassi, ridotte protezioni, impiego informale e orario di lavoro prolungato) e il precario status legale delle vittime incentivano il lavoro forzato.

Un ultimo dato importante riguarda il genere delle vittime: nonostante le vittime di sesso femminile (adulte e bambine) siano sempre più numerose rispetto a quelle di sesso maschile, si registra un trend in crescita nel numero di uomini e bambini vittime del traffico. Le prime sono nella maggior parte dei casi sfruttate nell’ambito della sfera sessuale, mentre i secondi nel lavoro forzato.

Recenti evoluzioni del fenomeno

La ricerca sulla tratta degli esseri umani come nuova forma di schiavitù ha messo in evidenza come il fenomeno si sia negli anni evoluto per adattarsi ai cambiamenti sociali, culturali, politici ed economici dei vari Paesi. In particolare, il modus operandi dei trafficanti e degli sfruttatori è cambiato con il tempo per minimizzare il rischio di essere denunciati dalle vittime e/o di essere immediatamente riconosciuti come trafficanti dalle forze di polizia e da quanti operano nei centri di assistenza alle vittime.

Nel mondo occidentale, gli sfruttatori gestiscono il reclutamento, il trasporto e lo sfruttamento delle vittime ricorrendo sempre meno all’uso di forme estreme di violenza fisica. Nel reclutamento delle vittime, trafficanti e sfruttatori prediligono l’inganno come metodo di adescamento. Infatti, spesso le vittime vengono reclutate attraverso agenzie di collocamento usate come copertura: i migranti si rivolgono spontaneamente a queste agenzie per trovare un impiego all’estero e qui vengono ingannati circa il costo dei servizi offerti (supporto nella ricerca del lavoro, preparazione dei documenti, trasporto, alloggio, ecc.) e sulle opportunità di impiego nel Paese di destinazione. Nelle comunità agricole dei Paesi più poveri, gli sfruttatori si avvicinano direttamente alle famiglie più fragili offrendo prospettive di lavoro certe e redditizie per i loro figli e prestiti per il viaggio. Recentemente si è assistito anche ad un sempre più ampio ricorso sia a siti web usati per attrarre le vittime attraverso la pubblicazione online di falsi annunci di lavoro sia all’adescamento realizzato tipicamente con i social media.

Insieme ai cambiamenti nella fase di reclutamento, anche le modalità di trasporto stanno evolvendo. Seppur permangano casi di trasporto condotto interamente illegalmente, quindi nella completa violazione di qualunque norma in merito allo spostamento delle persone tra Stati, si registrano sempre più casi nei quali le vittime si spostano dal Paese di origine a quello di destinazione in modo legale attraverso, per esempio, permessi temporanei di studio. Questo agevola il trasporto soprattutto di persone che provengono da continenti diversi, riducendo o azzerando il rischio di immediata identificazione e arresto. Una volta entrate nel Paese con un documento valido, le vittime vi permangono oltre il periodo di validità del documento, in una situazione di irregolarità che avvantaggia gli sfruttatori. Questa modalità di spostamento caratterizza per esempio la tratta di donne nigeriane sfruttate in Italia nel mercato della prostituzione.

Nella fase di sfruttamento, si è registrato negli ultimi anni un ricorso all’utilizzo di metodi di controllo meno violenti e più “negoziali”, soprattutto nell’ambito dello sfruttamento sessuale. Questo cambiamento evidenzia un’evoluzione nelle dinamiche relazionali con le vittime: il fatto di usare meno violenza fisica e di creare l’illusione di una maggiore libertà nella gestione dei proventi riduce il rischio che le vittime si percepiscano come tali e quindi denuncino la loro condizione ai servizi sociali o alle forze dell’ordine. Il minor ricorso alla violenza fisica estrema non modifica in alcun modo lo squilibrio di potere tra vittima e sfruttatore, ma gli dà un nuovo volto rispetto alle tradizionali forme di schiavitù.

Nuove forme di schiavitù

Nel corso degli anni si sono affermate e diffuse nuove forme di schiavitù, quali il turismo sessuale e il reclutamento di bambini soldato.

Per quanto riguarda il turismo sessuale, l’Organizzazione Mondiale del Turismo lo definisce come «viaggi organizzati dagli operatori del settore turistico, o da esterni che usano le proprie strutture e reti, con l’intento primario di far intraprendere ai turisti una relazione sessuale a sfondo commerciale con i residenti del luogo di destinazione». Si tratta di una pratica nata negli anni Cinquanta, ma che nel corso del tempo si è intensificata per diverse ragioni, quali il crescente impoverimento dei Paesi del Sud del mondo spesso destinatari di questo turismo (Brasile, Filippine, India, Tailandia, ecc.), l’espansione del trasporto aereo con il conseguente aumento del numero di turisti, la diffusione di siti web che sponsorizzano questo tipo di turismo e l’impunità garantita ai fruitori. Ci sono varie forme di turismo sessuale. La prima è realizzata in Paesi in cui la prostituzione è una pratica legale ed è considerata una professione, la seconda in Paesi per lo più in via di sviluppo dove persone fragili e vulnerabili vengono sfruttate nel mercato del sesso. In quest’ultimo caso le vittime sono frequentemente minori, che soffrono gravi condizioni di precarietà e di disagio. La loro condizione di vittime costituisce una seria violazione dei diritti e della dignità, non solo di bambini in fase prepuberale, ma anche di ragazze e di ragazzi sessualmente sviluppati che sono ancora minorenni. I fruitori dei servizi sessuali sono per lo più uomini, anche se negli ultimi anni si è assistito ad una crescita delle donne.

Il reclutamento di bambini soldato costituisce altresì una gravissima violazione dei diritti dei bambini, che vengono utilizzati a vario titolo i nei conflitti armati in diversi Paesi del mondo, quali il Sudan, l’Afghanistan, la Sierra Leone e la Somalia. L’UNICEF definisce un bambino soldato come «una persona sotto i 18 anni di età, che fa parte di qualunque forza armata o gruppo armato, regolare o irregolare che sia, a qualsiasi titolo – tra cui i combattenti, i cuochi, facchini, messaggeri e chiunque si accompagni a tali gruppi, diversi dai membri della propria famiglia. La definizione comprende anche le ragazze reclutate per fini sessuali e per matrimoni forzati».

Insegnamenti del magistero della Chiesa: l’uguaglianza in Cristo

Nella Lettera ai Galati (cfr. Gal 3,28), l’Apostolo Paolo afferma che in Cristo non ci sono distinzioni tra schiavi e liberi, in quanto tutti sono uno in Cristo Gesù. Nella Lettera a Filemone, sempre Paolo scrive a un cristiano che possedeva uno schiavo di nome Onesimo, chiedendogli di riceverlo nuovamente come fratello cristiano e non più come schiavo (cfr. Fil 1, 15-17). In questi scritti, Paolo non affronta direttamente la questione della schiavitù come istituzione. Tuttavia, le sue parole e la sua visione del cristianesimo mostrano da un lato un’opposizione alla schiavitù come violazione della dignità umana, dall’altro affermano l’uguaglianza di tutti gli esseri umani in Cristo, indipendentemente dalla loro condizione sociale.

La tratta degli esseri umani nella dottrina sociale della Chiesa

La dottrina sociale della Chiesa affronta in maniera esplicita e fortemente critica le forme di schiavitù moderna. La tratta degli esseri umani è un tema trattato da numerose encicliche papali, che sottolineano l’importanza di tutelare la dignità umana e di combattere ogni forma di sfruttamento. Ad esempio, nella sua enciclica Caritas in veritate (2009, 61), Papa Benedetto XVI fa esplicito riferimento ad una delle forme più pervasive di moderna schiavitù affermando che «il turismo internazionale è evento diseducativo sia per il turista sia per le popolazioni locali. Queste ultime spesso sono poste di fronte a comportamenti immorali, o addirittura perversi, come nel caso del turismo cosiddetto sessuale, al quale sono sacrificati tanti esseri umani, perfino in giovane età. È doloroso constatare che ciò si svolge spesso con l’avallo dei governi locali, con il silenzio di quelli da cui provengono i turisti e con la complicità di tanti operatori del settore».

La schiavitù moderna come conseguenza dell’ingiustizia sociale

Nell’enciclica Laudato si’ (2015) Papa Francesco afferma che la tratta degli esseri umani rappresenta una ferita aperta nella carne dell’umanità e denuncia l’enorme numero di persone che sono oggetto di questa pratica criminale, soprattutto donne e bambini. L’enciclica fornisce un’interpretazione strutturale dell’emergere di forme di schiavitù moderna. Viene infatti sottolineato come la tratta degli esseri umani sia alimentata dalle disuguaglianze economiche e sociali, dalla povertà e dalla mancanza di opportunità. Queste posizioni si inseriscono in un più ampio posizionamento della dottrina sociale a favore della protezione del diritto incondizionato alla migrazione (Mater et magistra, 1961, 33; Pacem in terris, 1963, 12; Laborem exercens, 1981, 23; Familiaris consortio, 1981, 46).

La Laudato si’ invita a lottare contro la tratta degli esseri umani attraverso forme di cooperazione internazionale che coinvolgano governi, organizzazioni internazionali, organizzazioni della società civile e tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Inoltre, si sottolinea l’importanza di promuovere la dignità umana, la giustizia sociale, l’uguaglianza e la solidarietà, affinché la tratta degli esseri umani possa essere debellata.

Il dramma della schiavitù moderna viene affrontato in maniera estesa nel capitolo primo dell’enciclica Fratelli tutti: «malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù. […] Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. […] La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine” (Fratelli tutti, 2020, 24).

Accanto all’identificazione del problema e delle sue radici, il Santo Padre, da un lato esorta l’umanità a non anestetizzarsi di fronte a così tanto dolore: «E nemmeno vanno dimenticati le persecuzioni, il traffico di schiavi e i massacri etnici che sono avvenuti e avvengono in diversi Paesi, e tanti altri fatti storici che ci fanno vergognare di essere umani. Vanno ricordati sempre, sempre nuovamente, senza stancarci e senza anestetizzarci” (Fratelli tutti, 248). Dall’altro indica nel coinvolgimento della società tutta e nella cooperazione internazionale lo strumento principe del contrasto al traffico di esseri umani: «l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società» (Fratelli tutti, 24).

La cooperazione internazionale, il contrasto ai trafficanti, la creazione di canali legali per la migrazione

A tal proposito, a partire dal 2014 Papa Francesco sostiene l’opera del Gruppo di Santa Marta, un’organizzazione benefica che promuove la collaborazione tra Chiesa, forze dell’ordine e società civile per combattere la tratta di esseri umani. Nel 2023, il Gruppo ha firmato un memorandum d’intesa con il Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti per contrastare la tratta di esseri umani e la schiavitù moderna, un importante passo avanti nella lotta contro questi crimini e per la giustizia delle vittime. Strategie incentrate sul contrasto ai criminali vanno poi affiancate da un potenziamento dei percorsi di migrazione sicura e legale come sostenuto da Talitha Kum, un’organizzazione globale di congregazioni di suore cattoliche fondata per combattere la tratta di esseri umani e il lavoro forzato.

Infine, vi sono molteplici interventi pubblici e incontri istituzionali a sottolineare l’attenzione della Chiesa alle nuove forme di schiavitù. Tra i primi, l’intervento del Santo Padre all’ONU nel 2015, il discorso di Papa Francesco alla Giornata Mondiale di riflessione contro la Tratta di Persone del 12 febbraio 2018 e il suo messaggio per la 9ª Giornata Mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone del febbraio 2023. Similmente, l’arcivescovo Bernardito Auza, in qualità di Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, ha ribadito l’importanza di sconfiggere la tratta nel 2017-2018 e la Santa Sede ha sottolineato l’importanza della cooperazione internazionale nel 2010, durante l’incontro di Alto livello della 64ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul Crimine Organizzato Transnazionale.

Conclusioni

La ricerca scientifica e il magistero della Chiesa cattolica possono instaurare un dialogo profondo e significativo per affrontare le nuove forme di schiavitù. La ricerca ulteriore è fondamentale per aumentare la conoscenza delle cause e delle conseguenze delle nuove forme di schiavitù, spesso correlate a situazioni di povertà, discriminazione, violenza e ineguaglianza economica e sociale generale. Inoltre, la ricerca può aiutare a identificare in modo più efficace e tempestivo le vittime di questo fenomeno, consentendo di offrire aiuto alle persone spesso sottoposte a violenze fisiche e psicologiche e costrette a lavorare in condizioni estremamente precarie.

Il magistero della Chiesa ha sempre sottolineato l’importanza di proteggere la dignità umana e di combattere ogni forma di sfruttamento. Gruppi ed organizzazioni che condividono questi valori e insegnamenti si impegnano concretamente nel contrastare le cause e le conseguenze delle forme di schiavitù moderna.

Il dialogo tra ricerca scientifica e magistero della Chiesa può fornire gli strumenti e la guida morale necessari per affrontare questo fenomeno complesso. Una prospettiva completa e integrata sulla questione unirà tutti nella lotta per la tutela della dignità umana e contro ogni forma di sfruttamento.


Bibliografia
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• Weitzer R. (2014), New directions in research on human trafficking, «The Annals of the American Academy of Political and Social Science», 653(1), 6-24.


Autori
Alberto Aziani, Università Cattolica del Sacro Cuore (alberto.aziani@unicatt.it)
Marina Mancuso, Università Cattolica del Sacro Cuore (Marina.Mancuso@unicatt.it)