×

Desideri ricevere notizie dal Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore?

Iscriviti alla Newsletter

Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 2 – Aprile-Giugno 2021

Prima pubblicazione online: Giugno 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000052

Moneta digitale Digital money

di Mariarosa Borroni

Abstract:

ENGLISH

Tra le recenti innovazioni tecnologiche, la moneta digitale sta interessando studiosi e policy makers per le profonde ripercussioni che la sua diffusione può avere, sia da un punto macroeconomico, sia nell’esperienza quotidiana dei singoli. Accanto agli indubbi vantaggi, vi sono una serie di rischi legati all’utilizzo di una moneta digitale cui si sta cercando di porre rimedio.

Parole chiave: Moneta, Banca, Digitale, Stablecoin, Criptoattività
ERC: SH1_4 Financial economics; banking; corporate finance; international finance; accounting; auditing; insurance

ITALIANO

Among the recent technological innovations, digital money is of interest to scholars and policy makers due to the deep impact that its diffusion can have, both from a macroeconomic point of view and in the daily experience of individuals. Alongside the undoubted advantages, there are a number of risks associated with the use of a digital currency which regulators and policy makers are trying to manage/limit.

Keywords: Money, Bank, Digital, Stablecoin, Crypto-assets
ERC: SH1_4 Financial economics; banking; corporate finance; international finance; accounting; auditing; insurance

Condividi su Facebook Condividi su Linkedin Condividi su Twitter Condividi su Academia.edu Condividi su ResearchGate

La nascita della moneta

Tutte le transazioni economiche, scambi di merci o prestazioni di servizi, che richiedono il pagamento di un corrispettivo, vedono sin dall’antichità l’utilizzo di una moneta (moneta merce), all’inizio rappresentata da un determinato quantitativo di beni, solitamente di largo utilizzo (bestiame, sale, metalli preziosi). L’aumento degli scambi e la necessità di esprimere il prezzo di un bene in maniera più oggettiva portano all’introduzione di una moneta “conio”, realizzata attraverso pezzi regolari per peso e grado di purezza del metallo prezioso utilizzato (oro e argento). Tale operazione viene di norma compiuta da un soggetto super partes (il sovrano o lo Stato), che si riserva il privilegio di “battere moneta”, impegnandosi a garantirne il contenuto di metallo prezioso.

Nel corso dei secoli, lo sviluppo delle attività commerciali e degli scambi vede la nascita di una figura fondamentale per la circolazione monetaria: i banchieri (in una prima fase storica, mercanti-banchieri), la cui attività dà origine a una nuova forma di moneta, quella bancaria. A fronte del versamento di una somma di denaro, il banchiere rilascia un titolo di credito, che attribuisce al portatore il diritto a ritirarne un’equivalente quantità in ogni momento anche presso altre località. La buona reputazione che il banchiere riesce a costruirsi fa sì che il titolo di credito possa essere utilizzato come strumento di pagamento in luogo della moneta vera propria, con evidenti benefici in termini di sicurezza e comodità nello spazio e nel tempo.

La moneta “moderna”

Verso la fine del XVII secolo vedono la luce i primi biglietti di banca (più conosciuti con il termine di banconote), il cui possesso attribuisce al portatore il diritto incondizionato di ricevere a vista, da parte della banca emittente, il pagamento in oro della somma iscritta sul biglietto (da qui la dichiarazione che, nel passato, veniva apposta sulle banconote “pagabile a vista al portatore”). La banconota viene così ad essere utilizzata non più in funzione del suo valore intrinseco (la quantità di metallo prezioso contenuta), bensì di quello riportato su di essa (moneta segno). L’attività di emissione delle banconote, inizialmente realizzata da numerose banche che godevano di ottima reputazione sul mercato, viene progressivamente riservata a organismi di matrice pubblica. Sebbene la prima esperienza di emissione di tali biglietti sia stata ad opera della svedese Riksbank (1668), è la Bank of England ad essere considerata, storicamente, il primo istituto pubblico di emissione: la rivoluzione industriale e lo sviluppo impetuoso dell’attività produttiva e commerciale riconducono infatti all’esperienza inglese l’utilizzo massivo delle banconote.

Tra il finire del XIX e gli inizi del XX secolo, l’emissione delle banconote viene riservata in via esclusiva alla banca centrale di un Paese: in Italia, il monopolio delle emissioni viene attribuito alla Banca d’Italia nel 1926. Tale prerogativa viene poi “ceduta” alla Banca Centrale Europea (BCE) nel 1999 con la creazione dell’Unione Monetaria Europea (UME). Alla moneta (in formato metallico o cartaceo) emessa dalla banca centrale viene riconosciuto valore legale, cioè la capacità di liberare il debitore dai suoi impegni all’atto del pagamento: in base a quanto stabilito dal Trattato di Maastricth (art.128), l’euro costituisce moneta legale (legal tender) all’interno dei 19 Paesi ad oggi firmatari (agg. marzo 2021).

La moneta elettronica

Fino a pochi anni fa, moneta legale e moneta bancaria erano entrambe contraddistinte da una loro “fisicità”: la prima sotto forma di banconote e monete metalliche, la seconda (costituita dai depositi bancari a vista) veniva abitualmente “movimentata” attraverso strumenti tipicamente cartacei quali assegni, bonifici, giroconti, carte di credito e di debito, ecc. Il larghissimo prevalere della moneta bancaria su quella legale (si stima che meno del 10% delle transazioni in valore vengano regolate attraverso banconote e monete metalliche) e il rapido diffondersi della tecnologia hanno trasformato i tradizionali strumenti di pagamento cartacei in strumenti elettronici, che spesso non richiedono neppure la “fisicità” (ad esempio, la tessera magnetica utilizzata per carte di debito e di credito), ma semplicemente alcune “istruzioni” impartite attraverso un dispositivo elettronico (computer e smartphone) e, in prospettiva, anche prescindendo da questo (ad esempio, utilizzando dati biometrici di riconoscimento). Proprio a tale proposito è stata introdotta la definizione di cashless society, una società ormai (quasi) priva delle tradizionali banconote e monete metalliche: la diffusione su scala planetaria, anche nei Paesi a più basso reddito (dati World Bank), della telefonia cellulare ha indubbiamente favorito la possibilità di realizzare operazioni di pagamento senza l’utilizzo della moneta “fisica”, con indubbi vantaggi anche in termini di sicurezza e di inclusione finanziaria.

La moneta virtuale

È sempre la tecnologia a rendersi protagonista di un’ulteriore importante modifica che, se realizzata su larga scala, potrebbe avere effetti dirompenti sul tradizionale modo di intendere la moneta, che nel corso dei secoli si è venuto formando. Si tratta in questo caso della cosiddetta moneta virtuale (ma anche digitale o criptata), rappresentazione digitale di valore, che non esiste in forma fisica (per tale ragione viene definita “virtuale”), può essere scambiata esclusivamente per via telematica (da qui l’espressione “digitale”) ed è visibile/utilizzabile solo conoscendo un determinato codice informatico, le cosiddette chiavi di accesso, pubblica e privata, da cui deriva il prefisso “cripto”, cioè nascosta a coloro che non possiedono le chiavi di accesso.

Le criptovalute sono caratterizzate da alcuni elementi fondativi ben precisi: il “protocollo”, vale a dire un insieme di regole che dettaglia le modalità attraverso le quali i partecipanti possono compiere le operazioni sulla valuta virtuale; un “registro” condiviso (distributed ledger o blockchain), dove vengono riportate, in maniera non modificabile, tutte le transazioni effettuate; una rete di partecipanti che, attraverso le regole definite dal protocollo, permette alla moneta digitale di essere scambiata in modalità peer-to-peer. L’eventuale presenza di intermediari, quali “facilitatori” delle transazioni, non è da escludersi all’atto pratico, ma ciò non inficia il carattere paritetico della rete. La creazione/distribuzione iniziale delle monete virtuali avviene attraverso un’offerta iniziale (initial coin offering – ICO); una volta emessa, la moneta virtuale può formare oggetto di transazione su un’apposita piattaforma di scambio (exchange platform), utilizzando per il regolamento moneta a corso legale. Un’ulteriore, importante caratteristica della moneta virtuale è relativa alla “scarsità” che la contraddistingue: ad esempio, nel Bitcoin – una delle criptovalute più diffuse e negoziate – l’offerta è regolata da un algoritmo che determina le nuove unità da immettere nelle contrattazioni in relazione al trascorrere del tempo, e non alla domanda che ne deriva.

La moneta virtuale è una moneta in senso stretto?

Le monete virtuali attualmente disponibili sono ben lontane dal possedere le caratteristiche strutturali e funzionali tipiche della moneta tradizionalmente intesa, e quindi dalla possibilità di sostituirsi ad essa:

• il loro valore dipende dal solo meccanismo di mercato di domanda/offerta: il grado di volatilità è dunque molto elevato e il detentore può incorrere in rilevanti perdite in conto economico; inoltre la variabilità del valore ne sconsiglia l’uso come unità di conto o riserva di valore, le tipiche funzioni della moneta;

• gli emittenti, spesso sconosciuti, e comunque soggetti privati, non hanno la reputazione delle banche centrali né il sostegno del governo: il grado di affidabilità delle criptovalute è dunque alquanto limitato, quando non del tutto assente;

• l’assenza di obblighi informativi e di trasparenza, che connota l’operatività delle piattaforme di scambio, nonché la mancanza di requisiti patrimoniali e procedure di controllo interno e gestione del rischio, può originare rischi operativi e di sicurezza, accanto ai più “tradizionali” rischi di controparte, di liquidità e di mercato; in caso di cessazione e/o fallimento della piattaforma presso la quale vengono custoditi i “portafogli personali” gli utilizzatori/investitori possono infatti incorrere in rilevanti perdite;

• la creazione di moneta digitale si caratterizza per l’elevata complessità tecnologica ad essa sottesa, e ciò indubbiamente favorisce una certa opacità dei processi sottostanti;

• l’assenza di un quadro regolamentare definito e di precise disposizioni in materia di controlli e protezione espone gli utilizzatori/investitori in moneta virtuale a rischi notevoli, non solo di natura operativa: possono infatti essere oggetto di truffa e utilizzo indebito per attività illegali, quali il riciclaggio di denaro sporco, il finanziamento di attività terroristiche, ecc;

• la “proof of work” che serve per creare la cripto-valuta rende la transazione lenta (al contrario delle usuali transazioni in tempo reale con gli ordinari circuiti di carte di credito e di debito) e tutto il processo estremamente dispendioso sotto il profilo energetico.

I pericoli insiti nelle monete virtuali

Lo sviluppo e la diffusione della pandemia da Covid-19 ha visto un netto incremento nelle contrattazioni di talune monete virtuali (su tutte, il Bitcoin), contraddistinto da un elevato grado di volatilità del loro valore: per cercare di arginare i potenziali danni che potrebbero derivarne agli utilizzatori/investitori, le autorità di regolamentazione e vigilanza sul sistema finanziario dei principali Paesi sono intervenute rimarcando con forza la potenziale pericolosità di tale strumento, che può arrivare a determinare l’intera perdita del capitale investito (per tutti, si veda l’esplicito monito della Financial Conduct Authority britannica).

Per ovviare all’elevato grado di volatilità che contraddistingue le monete virtuali costruite in maniera simile al Bitcoin, sono state introdotte nuove forme di criptovalute (stablecoins) che, pur basandosi su sistemi tecnologici (blockchain) del tutto identici, hanno l’obiettivo di mantenerne stabile il valore, e quindi il suo potere d’acquisto, nel tempo, così da contribuire ad innalzare il grado di fiducia degli utilizzatori/investitori nella nuova moneta. La stabilità può essere assicurata secondo due modalità: attraverso il collegamento ad un’attività finanziaria liquida e stabile (ad esempio, una moneta “ufficiale”) o un paniere di attività finanziarie con analoghe caratteristiche, o ancora un’attività reale con un valore relativamente stabile nel tempo (si pensi ad esempio all’oro); oppure, attraverso un algoritmo che “aggiusta” in tempo reale la quantità offerta a quella domandata.

Un primo tentativo di stablecoin

Un importante snodo nello sviluppo delle valute digitali si è avuto con il primo progetto di emissione di uno stablecoin su scala mondiale, Libra, presentato nell’estate del 2019 da un consorzio, guidato da Facebook e con la presenza di importanti player a livello internazionale nel sistema dei pagamenti, nei servizi tecnologici e di comunicazione. L’idea era di far leva sulla capillare diffusione dei social networks, per garantire una rapida e pervasiva diffusione della nuova moneta digitale a livello mondiale. Il cospicuo flusso di dati provenienti sia da social che dalle transazioni finanziarie avrebbe poi aiutato lo sviluppo di applicazioni, servizi, aziende, un “ecosistema” a servizio di Libra. Il progetto ha originato numerose e condivise critiche, a livello politico, soprattutto nei confronti del soggetto promotore e del suo modello imprenditoriale, e da parte delle autorità monetarie, in merito all’efficacia della politica monetaria posta in essere dai governi sovrani, alla stabilità complessiva del sistema finanziario e alla tutela dell’utilizzatore di questo nuovo genere monetario (Mottura 2020, p.12 e ss.).

Verso una moneta legale digitale

La moneta digitale presenta un vantaggio, potenzialmente molto elevato: la tecnologia su cui si basa consente maggiore velocità, sicurezza ed efficienza nei pagamenti e nelle rimesse, a livello sia domestico che internazionale, rispetto ai tradizionali strumenti di pagamento. Ciò può indubbiamente favorire una maggiore inclusione finanziaria, anche da parte dei soggetti “non bancari”, esclusi cioè dai tradizionali circuiti bancari, sia per ragioni di natura economica e culturale, sia per il modesto grado di sviluppo del sistema finanziario dei Paesi in cui vivono (UN 2020). Proprio in virtù di tale ragione, ma naturalmente anche per ovviare alle problematiche poc’anzi delineate, nonché alla potenziale “perdita di sovranità” nella definizione della politica monetaria, le banche centrali di numerosi Paesi, sotto l’egida della Banca dei Regolamenti Internazionali, hanno cominciato a valutare i pro e contro della creazione di una Central Bank Digital Currency (CBDC), una moneta digitale, accessibile a tutti, in tutto assimilabile alla tradizionale moneta di banca centrale, che goda di piena fiducia in misura del tutto analoga a quanto oggi avviene per il denaro contante (BIS 2020).

Il progetto di un euro digitale

Nell’ottobre 2020 la Banca Centrale Europea (BCE) ha pubblicato un rapporto sulla possibilità di creare un euro digitale come strumento di pagamento rapido, semplice e sicuro per tutti i cittadini dell’Unione Europea, al fine di favorire un maggior livello di digitalizzazione nella popolazione e incoraggiare l’innovazione nei pagamenti (ECB 2020). Alla presentazione del progetto ha fatto seguito una consultazione pubblica, terminata qualche mese dopo, con una risposta record da parte di cittadini, imprese e istituzioni a livello europeo. Sulla base delle risultanze ottenute, la task force della BCE è ora al lavoro per predisporre uno studio di fattibilità, sulla base di diversi possibili scenari evolutivi, che includono, tra gli altri, una maggiore domanda di pagamenti elettronici nell’area dell’euro, un calo significativo nell’uso del contante come mezzo di pagamento, il lancio di strumenti “privati” di pagamento a livello globale, che potrebbero sollevare preoccupazioni normative e comportare rischi per la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori, e un’ampia diffusione delle valute digitali emesse da altre banche centrali. Tutto ciò costituirà un importante input decisionale per il Consiglio Direttivo della BCE, che sarà chiamato nel corso del 2021 ad esprimersi al riguardo. Al pari della BCE, numerosi Paesi stanno lavorando con l’obiettivo di valutare pro e contro dell’introduzione di una CBDC, mentre altri (su tutti, la Cina, anche per le dimensioni del sistema economico) sono già in fase di sperimentazione della propria valuta nazionale in formato digitale.

La moneta digitale: un futuro “inedito”

La creazione di una moneta digitale può apparire una mera questione tecnica, o meglio tecnologica: si tratta infatti di “trasformare”, cioè di cambiare la forma di uno strumento – il denaro – da secoli ormai utilizzato nelle transazioni economiche. Tuttavia, la necessità di coniugare la tecnologia necessaria con un facile e a tutti garantito accesso allo strumento può determinare qualche problema in ordine ad un effettivo e condiviso utilizzo della moneta digitale. Inoltre, l’introduzione di una moneta digitale che potrebbe divenire la principale forma di pagamento nell’economia apre inediti scenari anche nel funzionamento del modello di business delle banche, da valutarsi con attenzione.

Moneta e Magistero

La dottrina sociale della Chiesa ha spesso rivolto l’attenzione al denaro, focalizzando in un primo momento l’attenzione sulla sua funzione di “accumulo di ricchezza” più che su quella di “strumento utilizzato per lo scambio”; la preoccupazione è stata, al più, riferita alla necessità di assicurare stabilità della moneta quale strumento per assicurare “le condizioni di una crescita economica stabile e sana, in cui gli uomini col loro lavoro possano costruire un futuro migliore per sé e per i propri figli” (Centesimus annus, 1991, 19).

In maniera analoga, raramente si è addentrata, nello specifico, su temi tecnici riguardanti i singoli prodotti (Sollicitudo rei socialis, 1987, 41), considerando con più ampio respiro potenzialità e criticità dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia nella produzione di beni e servizi, e più in generale nella vita dell’uomo (cfr. Galvan, 2004).

L’obiettivo è infatti quello di “assicurare una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la giornata mondiale della pace 1998, 3): qualora infatti siano presenti disparità significative per ciò che concerne l’accesso alle conoscenze e ai prodotti tecnologici, la digitalizzazione, e conseguentemente anche la moneta digitale, finirebbe per allargare, anziché ridurre, le diseguaglianze tra i diversi paesi in termini di sviluppo economico e sociale. Inequivocabile è il monito che, anche recentemente, il Magistero richiama con forza: “uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso” (Laudato si’, 2015, 194). Lo sviluppo e la pervasività della tecnologia nell’esperienza quotidiana rende dunque indispensabile che l’alfabetizzazione quale “fattore primordiale d’integrazione sociale così come di arricchimento personale, e per la società uno strumento privilegiato di progresso economico e di sviluppo” (Populorum progressio, 1967, 35) venga oggi declinata su conoscenze e competenze di natura digitale, così da assicurare la necessaria inclusione “di tutti i popoli, e non solamente quelli adeguatamente attrezzati” (Caritas in veritate, 2009, 61), e assicurare così che il denaro, in qualsivoglia “forma”, venga utilizzato per “servire, e non per governare” (Evangelii gaudium, 2013, 58). In sé, infatti “il denaro è uno strumento buono, come molte cose di cui l’uomo dispone: è un mezzo a disposizione della sua libertà e serve ad allargare le sue possibilità” (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, 2018, 15).

Minacce e opportunità della moneta digitale nell’insegnamento del Magistero

Stante la pervasività e la capacità di condizionare l’economia reale da parte dell’industria finanziaria, la creazione di moneta digitale da parte di soggetti privati potrebbe dare origine a fenomeni di “immoralità prossima”, situazioni cioè dove a fronte di strumenti (di pagamento) del tutto leciti e auspicabili nella loro diffusione possano coesistere opportunità di “abusi e raggiri”, soprattutto nei confronti delle controparti più deboli (gli utilizzatori con scarse conoscenze e/o competenze) (ivi, 14). Proprio per questa ragione, la decisione di talune banche centrali, istituzioni super partes prive di logiche di mero profitto, di introdurre una moneta digitale da affiancare a quella tradizionale può costituire un indubbio vantaggio per tutti gli utilizzatori, e assicurare così la necessaria “sanità”, vale a dire “una buona funzionalità del sistema, in cui crescita e diffusione della ricchezza vanno di pari passo”, garantendo altresì il rispetto e la promozione del bene comune (ivi, 19).

Una moneta stabile per tutti

Sicurezza nelle transazioni economiche, stabilità di valore, facilità di comprensione e di utilizzo, assenza di costi: sono i requisiti che la moneta digitale dovrebbe avere per consentirne una diffusione e un uso su scala mondiale, al pari di quanto oggi accade con la moneta “tradizionale”. Il fatto che i diversi progetti di sviluppo delle monete digitali con valore legale vengano principalmente coordinati dalla Banca dei Regolamenti Internazionali potrebbe essere visto come la concretizzazione dell’auspicio lanciato a suo tempo dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace per una riforma del sistema monetario internazionale (Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, 2011): la condivisione di metodologie e standard comuni dovrebbe infatti assicurare “parità” di trattamento e di utilizzo del nuovo genere monetario, garantendo altresì quella “certificazione dell’autorità pubblica” necessaria per “preservare la sanità del sistema e prevenire effetti collaterali negativi”, evitando così fenomeni di “intossicazione” indotti da strumenti non affidabili e/o privi delle caratteristiche sopra delineate (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, 19), realizzati con intento puramente speculativo. A ciò si aggiunga che, stante la necessità di “solidi e robusti orientamenti, sia macro-prudenziali sia normativi, il più possibile condivisi e uniformi, e di regole da aggiornare in continuazione” il coordinamento “stabile, chiaro ed efficace” fra le varie autorità a livello internazionale può consentire di “condividere con tempestività le decisioni vincolanti quando ciò sia richiesto dalla messa in pericolo del bene comune” (ivi, 21).


Bibliografia
• Bank for International Settlements (2020), Central bank digital currencies: foundational principles and core features, Report no. 1.
• European Central Bank (2020), Report on a digital euro, October.
• Galvan S. (2004), Scienza e tecnologia, in Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Scienze sociali e Magistero, Vita e Pensiero, 558-562.
• Mottura P. (2020), Le monete digitali. Situazione, prospettive e sfide. Il caso Libra, Bancaria, n. 7/8.
• UNSDG (2020), People’s Money: Harnessing Digitalization to Finance a Sustainable Future, August.


Autore
Mariarosa Borroni, Università Cattolica del Sacro Cuore (mariarosa.borroni@unicatt.it)