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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 1 – Gennaio-Marzo 2021

Prima pubblicazione online: Marzo 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000023

Lavoro povero: un approccio giuridico Working poors: a legal approach

di Michele Faioli

Abstract:

ENGLISH

Gli studi recenti sulle cause del lavoro povero (mancato rinnovo dei CCNL, applicazione di salari inferiori ai minimi contrattuali, abuso della flessibilità contrattuale, lavoro irregolare) rilevano che il lavoro povero ricade specialmente sulle fasce sociali più vulnerabili (donne, giovani, migranti) e su alcune aree dell’Italia (meridione), determinando un più limitato accesso alla formazione, con conseguenze quasi irreversibili sulla mobilità professionale e sociale del lavoratore. Il lavoro povero si combatte con il metodo della responsabilità, individuale e collettiva. Con tale metodo si può colpire questo male sociale in profondità e vincere. Tale metodo si basa su interventi legislativi di sostegno (non sostitutivi, e soprattutto mai di esonero) delle funzioni delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva.

Parole chiave: Lavoro povero, Minimi contrattuali, Disagio sociale, Flessibilità, Responsabilità collettiva, Legislazione di sostegno, Contrattazione collettiva, Salario minimo
ERC: SH2_8

ITALIANO

Recent investigations concerning individuals that are at risk of “in-work poverty” are focusing on the related social causes (collective bargaining’s activities, disposable income below a certain level, frauds in flexibility labor regulations, undeclared work) and on the related social clusters (women, young people, migrants). In-work poverty can also determine detrimental effects in the fields of vocational training and social/professional mobility. In-work poverty can be addressed by means of a mix of measures that should be aimed at combining labor and social law reforms along with industrial relations and collective bargaining. Such mix of measure should be conformed to the subsidiary principle.

Keywords: Working poor, In-work poverty, Statutory salary, Collective bargaining, Social dialogue, Industrial relations, Labor law, Minimum wage
ERC: SH2_8

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1. Il quadro fattuale. Minimi contrattuali, cause, effetti, scenari. Il caso italiano

Il lavoro povero è un lavoro che, pur in presenza di una retribuzione e di una certa continuità professionale, non permette di superare le disagiate situazioni economiche in cui versano la persona e il relativo nucleo familiare. Il lavoro povero, il quale è, contestualmente, causa ed effetto delle disuguaglianze sociali perché non permette alla persona né di beneficiare né di concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 4 Cost.), si può considerare uno degli ostacoli di ordine economico e sociale in relazione ai quali la Repubblica ha il compito di attivare ogni misura utile di rimozione (art. 3 Cost.).

Esso è un fenomeno che riguarda tutte le economie, anche quelle avanzate. Il caso italiano è, però, paradigmatico. I dati ci mostrano che il lavoro povero in Italia ha origine dalla debolezza dell’attuale sistema di definizione dei salari. Tale debolezza è collegata certamente alla difficoltà delle relazioni industriali italiane di garantire retribuzioni sufficienti e proporzionate. Il che accade qualora i contratti collettivi non vengano rinnovati, determinando uno iato temporale che erode il potere di acquisto dei lavoratori (primo scenario). In altri casi, con contratti rinnovati, viene a verificarsi il riprovevole effetto che consiste, da parte di alcuni datori di lavoro, nella elusione del costo del lavoro determinato dall’incremento contrattuale (secondo scenario). Qui si crea la peggiore forma di lavoro povero, perché da essa difficilmente ci si può sottrarre: tale lavoro povero è, nei fatti, riferibile a una quota non irrilevante di lavoratori, la cui retribuzione è inferiore ai minimi contrattuali del settore. Detta retribuzione, con buona probabilità, resterà tale, se non si viene a determinare la condizione per cercare e trovare un nuovo lavoro. La deviazione rispetto ai minimi contrattuali si determina non solo con il ricorso ad accordi collettivi in deroga ai CCNL, normalmente negoziati in periodi di crisi, ma anche nei casi in cui i datori di lavoro decidano di erogare retribuzioni inferiori ai minimi tabellari fissati nei CCNL sottoscritti dalle organizzazioni più rappresentative. Il lavoro povero può essere altresì collegato al ricorso abusivo al lavoro parasubordinato o alle forme flessibili di lavoro subordinato (lavoro a termine, parziale, stagionale, etc. – terzo scenario). Il lavoro povero è certamente causato dal lavoro prestato irregolarmente e non dichiarato (quarto scenario).

Gli studi recenti sui quattro scenari menzionati (mancato rinnovo dei CCNL, applicazione di salari inferiori ai minimi contrattuali, abuso della flessibilità, lavoro irregolare) rilevano che il lavoro povero ricade specialmente sulle fasce sociali più vulnerabili (donne, giovani, migranti) e su alcune aree del Paese (meridione o aree suburbane), determinando un più limitato accesso alla formazione, con conseguenze quasi irreversibili sulla mobilità professionale e sociale del lavoratore.

2. Circolo vizioso e trappola sociale. Il salario minimo e i relativi problemi giuridici, anche nell’ottica del magistero sociale della Chiesa cattolica

Si crea un circolo vizioso da cui difficilmente si esce. Esemplificando, al primo giro, c’è lavoro povero, a cui seguono bassi salari, poca formazione, condizioni disagiate; al secondo giro, lavoro più povero, salario ancor più basso, nessuna formazione, esclusione sociale; al terzo giro, lavoro nero, nessun rispetto per i diritti, povertà, e, così via sino alla probabile espulsione totale dal mercato del lavoro e dalla normalità sociale, a cui hanno diritto il lavoratore e la propria famiglia (bassa scolarizzazione, assenza di cure sanitarie, poca o non significativa vita socio-culturale, poche interazioni umane sane, irrilevanti prospettive di crescita dei figli, etc.).

Il lavoro povero è, dunque, la trappola sociale più detestabile per la persona e la relativa famiglia, perché esso rompe, subdolamente, la fratellanza umana, la quale basa il “protocollo con cui saremo giudicati” (Francesco, Messaggio alla prof.ssa M. Archer, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 24 aprile 2017; si veda anche la Lettera ai movimenti popolari, 12 aprile 2020). Cioè, in altri termini, c’è un lavoro mal pagato che si svolge, ma che impedisce alla persona di realizzarsi, non permettendo di accrescere la propria umanità (“diventare più uomo”, Laborem exercens, 1981). È un lavoro che non può diventare “libero, creativo, partecipativo e solidale, [in cui] l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita” (Evangelii gaudium, 2013, 192), perché in esso la carenza o la debolezza di diritti, collettivi e individuali, inibisce l’ordinato sviluppo della persona umana e della società.

Il contrasto al lavoro povero è limitato a interventi spesso specifici e a-sistematici. A tal proposito è significativo il fatto che l’inarrestabile erosione dei meccanismi salariali contrattuali stia convincendo il decisore politico italiano, anche alla luce di altre esperienze europee, della necessità di intervenire con una legislazione che sarebbe volta a estendere ex art. 36 Cost. le clausole contrattuali che definiscono i minimi retributivi. Tuttavia, nei disegni di legge, attualmente in discussione in Parlamento (autunno 2020), si leggono proposte e regolazioni che, oltre a complicare il quadro delle relazioni sindacali, determinerebbero quasi certamente una maggiore conflittualità sociale.

In termini esemplificativi, uno dei due disegni di legge (DDL 658/2019) mette insieme, in modo molto disordinato, la tecnica di estensione dell’efficacia dei contratti collettivi con la tecnica di fissazione del salario minimo legale. In Europa solo l’Italia avrebbe una norma così mal congegnata. Il secondo disegno di legge (DDL 1132/2019) rimette in modo netto alle parti sociali la soluzione del problema, richiamando i minimi tabellari dei circa 900 CCNL oggi applicabili e non offrendo un sostegno effettivo alle organizzazioni più rappresentative. In entrambi i DDL occorrerebbe preliminarmente comprendere, con maggiore precisione e secondo un discernimento politico serio, se sia giusto o meno rimettere alla legge la definizione delle componenti che definiscono la retribuzione da estendere erga omnes, nonché decidere se sia utile o meno che il salario minimo legale sia stabilito in un’unica misura armonizzata, dunque non differenziata per settore produttivo o per lavoratori (giovani, migranti, etc.).

3. Metodo. Come ripristinare la giustizia. Un fenomeno transnazionale. La realtà prevale sull’idea

Il lavoro povero non si affronta con una legislazione di emergenza. Esso, purtroppo, sta diventando un fenomeno quasi strutturale delle economie occidentali (OECD, Is Work the Best Antidote to Poverty?, 2009; ma si vedano anche le tabelle recenti di Eurostat e gli studi di Eurofound).

Il lavoro povero, nella relativa dimensione nazionale e transnazionale, è causa di scarto sociale. Anzi l’ossessione di ridurre i costi del lavoro crea scarto e lo scarto è la persona che è vittima di questa ossessione (cfr. Fratelli tutti, 2020, 22). L’ossessione della riduzione del costo del lavoro significa anche predeterminare le condizioni per un lavoro povero. La soluzione è nella rimozione delle cause strutturali dello scarto sociale, tra cui vi è la mancanza di lavoro, oltre alla povertà, alla disuguaglianza, alla mancanza della terra e della casa, alla negazione dei diritti sociali (cfr. Fratelli tutti, 110; 116). Il lavoro è l’obiettivo vero che deve consentire una vita degna alla persona ed è un “bene del popolo”: “il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere se stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo” (Fratelli tutti, 162).

Il lavoro povero, in questa prospettiva, si combatte con il metodo della responsabilità, individuale e collettiva. Con tale metodo si può colpire questo male sociale in profondità e vincere. Il metodo della responsabilità, individuale e collettiva, può essere basato sui quattro principi che l’esortazione apostolica Evangelii gaudium propone: il tempo è superiore allo spazio (222-225); l’unità prevale sul conflitto (226-230); la realtà è più importante dell’idea (231-233); il tutto è superiore alla parte (paragrafi 234-237). Concentrandosi sul terzo principio (realtà superiore all’idea), si può affermare che ripristinare forme di giustizia contro il lavoro povero non significa introdurre progetti formali, disincantati e avulsi dalla realtà che è alla base di quello specifico contesto storico-giuridico e economico. L’idea (i.e. legislazione sul salario minimo), per quanto buona in sé, qualora fosse staccata dalla realtà, rischierebbe di fare maggiori danni del problema stesso (lavoro povero). La realtà non si può cancellare, ma si può illuminare con l’intelligenza che sa discernere. Discernere significa valutazione di ciò che è reale, e, dunque, di storie concrete, di situazioni, di contesti, e non di mere idee (cfr. Evangelii gaudium, 231-233). Nel caso italiano, ad esempio, la soluzione non può essere esclusivamente rimessa all’azione responsabile del legislatore. Si dovrà incidere, da una parte, su singoli elementi della normale dinamica contrattuale, salariale e di mobilità professionale e, dall’altra, sui problemi veri del sistema italiano di relazioni industriali, il quale deve essere pienamente sostenuto per realizzare la sussidiarietà, il pluralismo e l’autoamministrazione dell’interesse collettivo in conformità agli artt. 35, 36, 39 e 40 Cost.. La soluzione deve essere lasciata alla riflessione e all’azione delle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative, le quali possono regolare più efficacemente le condizioni di lavoro, iniziando dalle nuove figure professionali (si pensi ai lavoratori della gig-economy o dei settori ove maggiore è lo sfruttamento), dalla retribuzione, dalla flessibilità oraria e dalla rimodulazione delle scale classificatorie. Il legislatore, invece, dovrà limitarsi a rafforzare l’azione sindacale, promuovendo a livello aziendale una contrattazione coordinata con quella nazionale, sottoscritta dalle organizzazioni più rappresentative, e modernizzando le istituzioni di rappresentanza dei lavoratori secondo traiettorie più europee. Ciò determinerebbe una funzione di vero confronto tra controparti, un più efficace controllo sindacale e una migliore regolazione contrattuale vicina ai bisogni sociali dei lavoratori poveri.


Bibliografia
Ciucciovino S. (2020), Fisiologia e patologia del pluralismo contrattuale tra categoria sindacale e perimetri settoriali, in “Lavoro e diritto”, 2, pp. 185-210.
Lucifora C., Ferraris V. (2018) Il lavoro povero in Italia, tra bassi salari e precarietà, in CNEL, Rapporto sul mercato del lavoro 2017-2018, pp. 63-77.
Occhetta F. (2017), Il lavoro promesso. Libero, creativo, partecipativo e solidale, Ancora – La Civiltà Cattolica.
Piccolo G. (2017), La realtà è superiore all’idea. Il pensiero contemporaneo torna a essere realista?, in “La Civiltà Cattolica”, 168, 4011-4012, pp. 298-304.
Treu T. (2019), La questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva, in “Diritto delle relazioni industriali”, 386/2019, pp. 767-809.


Autore
Michele Faioli, Università Cattolica del Sacro Cuore (michele.faioli@unicatt.it)