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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 1 – Gennaio-Marzo 2021

Prima pubblicazione online: Marzo 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000018

Istituzioni inclusive e sviluppo economico Inclusive institutions and economic development

di Domenico Rossignoli

Abstract:

ENGLISH

I processi democratici dell’epoca moderna, innestandosi, specie in Occidente, sui modelli di sviluppo capitalista e liberista, hanno favorito anche lo sviluppo economico di molti Paesi, facilitando l’uscita dalla povertà di ampie fasce di popolazione nel mondo. Tuttavia, questo processo potenzialmente virtuoso presenta oggi non pochi limiti e problemi perché i processi di sviluppo economico, proprio nei sistemi che hanno favorito lo sviluppo delle democrazie, si stanno rivelando sempre meno inclusivi e potenzialmente “corrosivi” degli stessi processi democratici. Questo tema si innesta sul contributo della DSC in termini di sviluppo integrale da un lato e di inclusione e partecipazione politica dall’altro.

Parole chiave: Istituzioni inclusive, Democrazia, Partecipazione politica, Sviluppo economico, Sistema di mercato
ERC: SH1_3 - SH1_7 - SH1_16

ITALIANO

The process of democratization spurred in the modern era intertwined, especially in the West, with the development of capitalism, aside from providing more inclusive societies, also favored the economic development of many countries, helping the escape from poverty of large sections of the world population. However, this potentially mutually reinforcing process is currently presenting some limits and problems: the process of economic development, especially in the countries that mostly favored democratization, is growing less inclusive and becoming potentially "corrosive" of the democratic process itself. This issue is rooted in the SDC's contribution in terms of human integral development on the one hand and political inclusion and participation on the other.

Keywords: Inclusive institutions, Democracy, Political participation, Economic development, Market system
ERC: SH1_3 - SH1_7 - SH1_16

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Alle origini della democrazia contemporanea e del capitalismo

Il modello di democrazia prevalente in epoca contemporanea si sviluppò e consolidò quasi contestualmente allo sviluppo del sistema capitalista, in particolare nell’Europa Occidentale, quando la nascente borghesia inglese impose vincoli crescenti alla Corona a protezione della proprietà privata. Al cuore del problema inizialmente si poneva la necessità, da parte dei sudditi più ricchi, di limitare la tassazione dei propri patrimoni per finanziare le attività della Corona. Questo processo, che fu all’origine della nascita dei primi parlamenti, nell’Inghilterra del XVII secolo portò all’introduzione di un crescente controllo parlamentare sulla spesa della Corona, allo scopo di limitarne la capacità di effettuare prelievi forzosi sui patrimoni privati. Questa limitazione dei poteri della Corona si basava su un rinnovato assetto istituzionale, avviato in seguito alla cosiddetta Glorious Revolution (o Bloodless Revolution), nel 1688, e garantito da punizioni credibili contro le defezioni, cioè la riuscita detronizzazione di Carlo I e Giacomo II, che agivano da deterrente contro successivi rigurgiti autoritari da parte del sovrano. In tal modo, gli imprenditori della nascente borghesia inglese percepivano una maggiore sicurezza dei loro diritti di proprietà e incrementarono gli investimenti in attività produttive, creando le basi per il successo economico dell’Inghilterra del XVIII e XIX secolo (North and Weingast 1989).

L’interconnessione tra democrazia ed economia di mercato può essere fatta risalire fin dalle prime applicazioni in epoca medievale e moderna di un principio codificato dal diritto Romano (in particolare dal Codice di Giustiniano), comunemente sintetizzato nella formula Quod omnes tangit, secondo cui le decisioni che riguardano tutti devono essere discusse e approvate da tutti: perciò, se ad esempio un sovrano intende esigere nuove tasse per far fronte alle proprie esigenze di governo (come avveniva comunemente per esigenze belliche), gli interessati devono avere voce in capitolo. In quest’ottica, perciò, risulta chiaro che quando le decisioni pubbliche vertono su temi che toccano direttamente il mercato, l’estensione del diritto a partecipare alle decisioni stesse favorisce il buon funzionamento del mercato, perché contrasta le potenziali tentazioni ‘estrattive’ del sovrano e incentiva di conseguenza gli attori economici a intraprendere la propria azione imprenditoriale.

Sinergia virtuosa

Questa relazione virtuosa che lega l’espansione della democrazia e in particolare dell’inclusione nei processi decisionali della società civile è stata al centro di gran parte del dibattito economico degli ultimi decenni ed è stata messa in luce, ad esempio, da Mancur Olson nel 1993 in Dictatorship, democracy and development e sintetizzata nei lavori di Daron Acemoglu e James Robinson, in particolare in Why nations fail nel 2012. Questi approcci della letteratura hanno evidenziato una stretta connessione tra istituzioni inclusive, cioè capaci per design di favorire la partecipazione più ampia possibile nel processo della scelta pubblica, e sviluppo economico, dal momento che se gli attori del mercato sono effettivamente rappresentati nel processo decisionale è più probabile che le decisioni stesse tendano a produrre incentivi favorevoli all’attività economica.

Come ha ben evidenziato David Stasavage nel suo recente The decline and rise of democracy (2020), lo sviluppo del concetto di rappresentatività e in particolare l’assenza di vincolo di mandato rappresentano i principali tratti distintivi del successo inglese nel connubio tra democrazia e sviluppo nel lungo periodo. Tuttavia, anche nel resto d’Europa si è osservato un processo analogo, pur se con tratti distintivi diversi, in cui però il fattore più importante è la carenza, nel continente europeo, dalla caduta dell’Impero Romano fino a tutta l’epoca medievale, di forti apparati burocratici accentrati, che potessero essere utilizzati dai sovrani per estrarre efficacemente risorse dalla popolazione. In entrambi i casi, comunque, l’espansione di istituzioni inclusive, poggiate su un modello di democrazia rappresentativa, ha permesso che il mercato potesse espandersi e operare in uno spazio di libertà, in cui i diritti di proprietà di chi sapeva creare ricchezza a partire dal proprio capitale fossero protetti da eccessive ingerenze del potere sovrano.

Una fuga dalla povertà

In generale, pur seguendo percorsi e tempi differenti, democrazia e sistema di mercato si sono sviluppati e consolidati insieme, promuovendo lo sviluppo economico di gran parte del continente e in gran parte del mondo e favorendo l’uscita dalla povertà di milioni di individui in tutto il mondo, in particolar modo nel secondo Dopoguerra: secondo i dati della Banca Mondiale (World Development Indicators), all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso oltre il 40% della popolazione mondiale viveva con meno di $1,90, ovvero al di sotto della soglia di povertà assoluta, mentre nel 2015 la percentuale era scesa intorno al 10%.

Figura 1 - Fuga dalla povertà

(Elaborazione sulla base di dati World Development Indicators. Indicatore: Poverty headcount ratio at $1.90 a day – 2011 PPP – % of population)

A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, perciò, il connubio tra democrazia e sviluppo economico sembrava essersi saldato in modo indissolubile, dando avvio, in gran parte dell’Europa e dei Paesi Occidentali, ad una sinergia tra democrazia e sviluppo economico, supportata da abbondante letteratura empirica (si veda la sintesi proposta nella meta-analisi di Colagrossi et al., 2020), e apparentemente inarrestabile sino all’avvento della grande crisi economico-finanziaria del 2007-08.

Inclusione economica e politica: il contributo della dottrina sociale della Chiesa

Giovanni Paolo II in Centesimus annus (1991) ha affermato in modo perentorio come il mercato rappresenti “lo strumento più efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni” (34) e allo stesso tempo ha affermato che “la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno” (ivi, 46). Nell’apprezzamento di entrambi questi sistemi umani di organizzazione della vita comunitaria risulta cruciale il riferimento alla ‘partecipazione’. Il suo opposto, infatti, ovvero l’esclusione, è dannoso sia per il mercato che per la democrazia e intacca inesorabilmente il connubio positivo tra i due.

Del resto, come è noto, gli effetti dello sviluppo economico a partire dalla Rivoluzione industriale non furono solo positivi. A fronte dell’aumento della produttività dei sistemi economici europei, si assisteva anche alla creazione di ampie masse di popolazione impiegate nei processi produttivi con ritmi di lavoro massacranti, salari al livello della mera sopravvivenza e in assenza di qualunque genere di tutela.

Da Leone XIII a Francesco

È proprio in questo contesto che si inserisce anche l’intervento della Chiesa, che a partire dalla Rerum novarum (1891) di Leone XIII contribuisce all’idea che poiché “il lavoro degli operai è quello che forma la ricchezza nazionale [è] quindi giusto che il governo s’interessi dell’operaio, facendo sì che egli partecipi in qualche misura di quella ricchezza che esso medesimo produce” (27b). Le tensioni sociali generate dal tumultuoso avvio dei processi di industrializzazione accelerano anche i processi di inclusione politica, con una lenta ma costante e progressiva estensione dei diritti politici e in particolare con l’estensione del suffragio. Già Paolo VI ricordava la necessità di ancorare il funzionamento del mercato a finalità morali per assicurare e al tempo stesso circoscriverne l’ambito di autonomia (Octogesima adveniens, 1971, 41) e più recentemente Francesco ha esortato a riflettere responsabilmente “sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni” (Laudato si’, 2015, 194).

Assenti questi fondamenti, il mercato può produrre ineguaglianza, finisce per escludere anziché includere, fino a produrre un sistema economico che anziché generare opportunità di sostentamento, sviluppo e vita, finisce per uccidere, come evidenzia con forza Francesco in Evangelii gaudium, 53 (2013), e ribadisce in Fratelli tutti (2020), 120, facendo propria l’esortazione di Giovanni Paolo II affinché lo sviluppo, ancorato al principio della destinazione universale dei beni, proceda senza escludere nessuno. Esclusione e inequità si contrastano con partecipazione ed equità, principi cardine proprio dello stesso sistema democratico.

Partecipazione politica ed esclusione economica

Del resto, si è visto che a fronte del generale apprezzamento per il sistema di mercato, già Giovanni Paolo II evidenziava la necessità che il mercato non fosse lasciato a se stesso, dal momento che i principi ultimi che guidano l’agire e la coscienza umana non possono essere prevaricati dalle logiche strumentali del mercato.

L’avvento del nuovo millennio ha in effetti spezzato l’illusione che il sistema economico capitalista fosse capace di creare ricchezza e benessere diffuso senza limiti. Recenti rapporti (ad esempio i Global Wealth Report di Credit Suisse) evidenziano che la ricchezza si sta progressivamente concentrando nelle mani di una piccola minoranza (nel 2019, l’1% della popolazione mondiale deteneva il 44% della ricchezza globale). Tutti gli indicatori di disuguaglianza hanno evidenziato un generale peggioramento all’interno dei Paesi nell’ultimo ventennio (cfr. https://jackblun.github.io/Globalinc/html/fig_1980.html) e le recenti crisi economico-finanziarie hanno evidenziato fragilità intrinseche nell’assicurare che i benefici della crescita economica fossero effettivamente distribuiti tra la maggioranza della popolazione.

Tabella 1 - Ripartizione della ricchezza mondiale tra la popolazione adulta alla fine del 2019

(Fonte: Credit Suisse, The Global wealth report 2020)

Allo stesso tempo, la crisi di legittimità dei sistemi democratici ha portato a una sempre maggiore disaffezione dei cittadini soprattutto nelle democrazie più mature. A questo si aggiunga il non trascurabile effetto che il processo di globalizzazione ha prodotto nell’indebolire l’efficacia e la rilevanza delle istituzioni nazionali nell’affrontare i problemi economici. Tutto ciò ha generato il progressivo venir meno della partecipazione della maggioranza sia al benessere economico che alla vita politica.

L’uomo al centro delle istituzioni politiche

Il connubio virtuoso tra democrazia e mercato può svolgere efficacemente questo ruolo se entrambi gli ambiti, quello politico e quello economico, favoriscono l’inclusione della più ampia platea possibile di individui, idealmente tutti quelli che fanno parte di un determinato contesto politico istituzionale. In particolare, come ricorda la Chiesa, “diventa imprescindibile l’esigenza di favorire la partecipazione soprattutto dei più svantaggiati” (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2004, 189). Diviene evidente perciò che se la partecipazione alla vita comunitaria è il “pilastro” dell’ordinamento democratico, insieme allo stato di diritto e alla retta concezione della vita umana (Centesimus annus, 46), essa assicura e favorisce anche la partecipazione ai benefici della vita economica. Laddove la prima viene meno, anche la seconda finisce per entrare in crisi. Tutto ciò rimane vero anche in un contesto di grandi cambiamenti: la dottrina sociale della Chiesa, infatti, rimarca la centralità della persona umana in ogni disegno istituzionale, a prescindere dal livello, nazionale o sovranazionale. Tale contributo, perciò, rimane attuale in ogni tempo e contesto.


Bibliografia
Acemoglu D., Robinson J. A. (2012), Why nations fail. The origins of power, prosperity, and poverty, ed. it (2013) Perché le nazioni falliscono. Alle origini di prosperità, potenza e povertà, Il Saggiatore.
Colagrossi M., Rossignoli D., Maggioni M. A. (2020), Does democracy cause growth? A meta-analysis (of 2000 regressions), “European Journal of Political Economy”, 61.
North D. C., Weingast B. R. (1989), Constitutions and commitment. The evolution of institutions governing public choice in seventeenth-century England, “The journal of economic history”, 49 (4), pp. 803-832.
Olson M. (1993), Dictatorship, democracy, and development, “American political science review”, (87) 3, pp. 567-576.
Stasavage D. (2020), The Decline and Rise of Democracy. A Global History from Antiquity to Today, Princeton University Press.


Autore
Domenico Rossignoli, Università Cattolica del Sacro Cuore (Domenico.Rossignoli@unicatt.it)