×

Desideri ricevere notizie dal Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore?

Iscriviti alla Newsletter

Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 2 – Aprile-Giugno 2021

Prima pubblicazione online: Giugno 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000044

Individuo - persona Individual and Person

di Marco Salvioli, O.p.

Abstract:

ENGLISH

Procedendo dalla tensione tra individuo e persona esistente nelle scienze sociali, il contributo presenta la concezione della persona umana proposta dalla dottrina sociale della Chiesa. Questa prospettiva tiene insieme la sussistenza e il carattere essenzialmente sociale della persona, valorizzando il ruolo della relazione interpersonale. Il contributo sostiene infine che la Chiesa contribuisce ad oltrepassare la deriva individualista, rigenerando legami sociali.

Parole chiave: Individuo, Individualismo, Persona, Relazione, Società
ERC: SH5_9 Metaphysics, philosophical anthropology; aesthetics – SH5_10 Ethics; social and political philosophy

ITALIANO

Proceeding from the tension between individual and person existing in social sciences, the paper presents the conception of the human person proposed by the social doctrine of the Church. This perspective on the person holds together its subsistence and its essentially social character, valorising the role of interpersonal relationship. Finally, the paper argues that the Church contributes to overcoming the individualistic drift, regenerating social bonds.

Keywords: Individual, Individualism, Person, Relation, Society
ERC: SH5_9 Metaphysics, philosophical anthropology; aesthetics – SH5_10 Ethics; social and political philosophy

Condividi su Facebook Condividi su Linkedin Condividi su Twitter Condividi su Academia.edu Condividi su ResearchGate

La tensione tra le nozioni di “individuo” e “persona” attraversa, in modi diversi e in differente misura, pressoché tutti i saperi che riguardano l’essere umano. Dalla biologia alla teologia, passando per il diritto e l’antropologia filosofica o culturale, si assiste ad una continua oscillazione tra le due nozioni all’interno di configurazioni teoriche che accentuano ora la funzionalità dell’“individuo”, ora la ricchezza di senso della “persona”. È tuttavia all’ambito delle scienze sociali che, per ovvie ragioni, si volge soprattutto il nostro interesse. In questa sede, per rimanere al livello delle premesse, ci limitiamo a sottolineare l’impianto “dilemmatico” della scienza sociologica, che – a partire, per un verso, da Emile Durkheim e, per l’altro, da Max Weber – oscilla tra due prospettive metodologiche fondamentali e, per così dire, parallele: quella olistica e quello individualistica. “Nel primo approccio” scrive Vincenzo Cesareo “i fenomeni sociali possiedono una natura qualitativamente diversa rispetto alla somma delle componenti individuali e delle loro interazioni, cosicché i singoli individui si limitano a riflettere la struttura sociale esistente. Nel secondo approccio, invece, i fenomeni sociali sono interpretati sempre come conseguenze di azioni individuali; ogni individuo contribuisce a realizzarli in quanto agente strategico che si comporta seguendo un calcolo cosciente” (Cesareo 1993, 5). Da un lato, quindi, la società assorbe e orienta strutturalmente gli individui, dall’altro, sono le azioni degli individui a produrre quel peculiare effetto che chiamiamo società. In entrambi i casi, comunque, permane la contrapposizione tra il piano collettivo e quello individuale, senza che si possa identificare – almeno di primo acchito – una mediazione effettiva. “Olismo e individualismo”, com’è stato giustamente osservato, “sono due concezioni tra cui non esiste continuità ma solo un vuoto incolmabile” (Cesareo 1993, 7).

La teoria sociologica del soggetto-in-relazione

Tra le diverse proposte teoriche che sono state elaborate per colmare quel vuoto, ripensando allo stesso tempo le relazioni esistenti tra la società e gli individui, quelle per noi più promettenti fanno riferimento alla nozione di “persona”, la quale è appunto chiamata in causa per denotare l’individuo umano all’interno del gruppo sociale di cui fa parte, pur senza esserne necessariamente assorbito. Particolarmente promettente è la concezione proposta da Margaret Scotford Archer e Pierpaolo Donati, i quali ricorrono alla nozione di “soggetto relazionale” per inquadrare i soggetti sociali individuali e collettivi in quanto relazionalmente costituiti, al fine di oltrepassare le secche del dilemma moderno tra la mera prospettiva individualistica e quella collettivistica. Forti del carattere costitutivo dell’interdipendenza, in cui la relazionalità assume un significativo ruolo ontologico, questi sociologi sostengono che “la persona umana non è un’entità auto-sufficiente: egli/ella è un ‘soggetto-in-relazione’, in cui le relazioni sociali – pur ammettendo che non lo siano esclusivamente – sono in parte costitutive della personalità” (Donati - Archer 2015, 15). Quest’elaborazione teorica può poi essere favorevolmente verificata con riferimento al fenomeno del linguaggio, in quanto dimensione costitutiva dell’umano, essenzialmente interpersonale, così com’è stato ampiamente mostrato dalla riflessione filosofica della seconda metà del Novecento, sia in ambito analitico, sia in ambito continentale. Questa proposta teorica consente infine di incrementare l’adesione delle analisi sociologiche alla complessità del tessuto sociale, proprio offrendo uno strumento capace di sondarne il carattere costitutivamente relazionale. Valorizzando il ruolo teorico della persona in sede sociologica, il realismo critico di Archer e Donati contribuisce ad arginare la deriva verso l’astrazione connessa con l’interpretazione atomistica della nozione di “individuo”.

Concezioni dell’individuo nella teoria economica

È infine da notare come anche la teoria economica risenta della tensione esistente tra “individuo” e “persona”, benché tale problematica non sia particolarmente frequentata dagli economisti. Procedendo dal rintracciamento nel corso della modernità di due tradizioni alternative quanto all’interpretazione del senso stesso dell’individuo, John Bryan Davis propone di ripensarne il ruolo nella teorizzazione economica tenendo conto, per un verso, dell’imprescindibile questione ontologica relativa al riferimento reale stesso dei modelli e, per l’altro, dell’irrisolto conflitto tra individualismo metodologico e olismo metodologico. Davis sostiene poi che le teorie economiche appartenenti al mainstream procedono dalla nozione di “atomistic individual”, correlato al tema dell’identità individuale, mentre le teorie eterodosse considerano la nozione di “embedded individual”, correlato al tema dell’identità personale (cfr. Davis 2003, 23-44 e 107-129). Approfondendo la concezione dell’individuo costitutivamente situato all’interno di un tessuto relazionale, invece di accontentarsi della semplificazione offerta dall’interpretazione atomistica, il pensiero economico potrebbe guadagnare in efficacia quanto all’analisi causa-effetto, riuscendo finalmente a distinguere in modo rigoroso tra gli agenti costituiti da una singola persona e quelli costituiti da più persone (cfr. Davis 2003, 187). Nel sottolineare il valore per la comprensione e lo sviluppo dell’economia di nozioni evidentemente relazionali (cooperazione, dono, mutualità…), l’economia civile promossa da Luigino Bruni e Stefano Zamagni costituisce infine un valido esempio della maggior fecondità della nozione di “persona” rispetto a quella di mero “individuo”.

L’antropologia della dottrina sociale della Chiesa: un primo inquadramento

Per comprendere come la dottrina sociale della Chiesa si collochi rispetto alla tensione cui si è fatto cenno tra “individuo” e “persona”, occorre dapprima delineare alcuni tratti fondamentali della concezione dell’uomo ch’essa veicola. Essendo “di natura teologica e specificamente teologico-morale” (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2006, 73), tale dottrina attinge il proprio sapere innanzitutto alla fonte della Rivelazione, attestata nella Sacra Scrittura e trasmessa dalla Tradizione della Chiesa, per mediarne il messaggio attraverso l’esercizio della ragione, attraverso la quale essa si rivolge liberamente e con fiducia a tutti gli esseri umani. La questione de homine, in particolare, fa tutt’uno con il nucleo del Magistero sociale, che consiste proprio ne “l’uomo chiamato alla salvezza e come tale affidato da Cristo alla cura e alla responsabilità della Chiesa” (ivi, 81). La sintesi esauriente e facilmente consultabile proposta nel Compendio mostra come l’insegnamento ecclesiale – procedendo dalla concezione della persona umana creata a immagine di Dio (Gn 1, 27), inserita nel più ampio contesto per cui “Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso” (Gaudium et spes, 1965, 22) – riconosce nella persona umana l’“inconfondibile protagonista” di “tutta la vita sociale” (Compendio, 106). Questa concezione, allo stesso tempo, sottolinea la consistenza ontologica dell’uomo e la sua costitutiva relazionalità rispetto a Dio, agli altri, al creato e a se stesso attraverso la riflessività che lo qualifica (ivi, 108-114), in modo da valorizzarne l’unitarietà psico-fisica, la fondamentale apertura alla Trascendenza, l’irripetibile singolarità, la libertà e l’uguaglianza, l’eminente dignità (ivi, 127-148).

La persona umana: né individuo assoluto, né parte funzionale

Profilando la persona umana nei suoi tratti fondamentali, il Compendio non manca di precisare la posizione del Magistero sociale rispetto al dilemma sociologico che travaglia le moderne proposte teoriche, dividendole in base del primato dell’individuo sulla società o viceversa. La proposta della dottrina sociale della Chiesa procede su una direttrice teorica che scarta l’alternativa, riconciliando i due estremi su di un altro piano: ”la persona non può mai essere pensata unicamente come assoluta individualità, edificata da se stessa e su se stessa, quasi che le sue caratteristiche proprie non dipendessero da altri che da sé. Né può esser pensata come pura cellula di un organismo disposto a riconoscerle, tutt’al più, un ruolo funzionale all’interno di un sistema”. Con riferimento a Pio XII viene appunto ribadito che “gli individui non ci appaiono slegati tra loro quali granelli di sabbia; ma bensì uniti in organiche, armoniche e mutue relazioni”, a cui fa eco l’insegnamento di san Giovanni Paolo II per il quale l’uomo non può essere ridotto ad “un semplice elemento e una molecola dell’organismo sociale”, secondo “una visione individualistica o massificata” incompatibile con la concezione cattolica del primato della persona-in-comunità (ivi, 125). La concezione qui delineata esprime il medesimo personalismo comunitario, elaborato in sede filosofica nella prima metà del Novecento (Emmanuel Mounier e Jacques Maritain, ma anche Edith Stein e Dietrich von Hildebrand e altri), con significativi sviluppi in ambito teologico (cfr., ad esempio, Y. Congar 1961). Valorizzando la persona come ente singolare costitutivamente in relazione, il Magistero sociale riesce, ad un tempo, a custodire la dimensione individuale e quella sociale dell’esistenza umana senza che l’una sottometta l’altra riducendola a sé.

La persona come essere costitutivamente sociale

La persona umana non può quindi esser identificata sic et simpliciter con l’individuo, sia che venga concepito secondo il senso etimologico di ente indiviso in sé (a-tomon, in-dividuum), sia che – per converso – venga interpretato riduttivamente come una mera parte di una totalità. Pur essendo evidentemente connotata da singolarità e sussistenza e pur facendo parte della società umana, la persona eccede – proprio in forza delle costitutive relazioni con altri – la riduzione atomistica e la peculiare astrazione implicite nella nozione stessa d’individuo. È in questo senso che va compresa l’affermazione per cui, creata da Dio, “la persona è costitutivamente un essere sociale”. Lungi dall’esistere in solitudine e nell’isolamento autoreferenziale, l’uomo è portato per natura a rispondere “ai propri bisogni sulla base di una soggettività relazionale, ossia alla maniera di un essere libero e responsabile, il quale riconosce la necessità di integrarsi e di collaborare con i propri simili ed è capace di comunione con loro nell’ordine della conoscenza e dell’amore” (ivi, 149). Benché la socialità dell’uomo non lo porti automaticamente a sperimentare la comunione, che richiede il libero orientamento dell’intelligenza e della volontà, risulta comunque chiaro che la persona umana nella sua sussistenza singolare implica intrinsecamente il riferimento alla dimensione sociale, soprattutto a motivo della costitutiva relazionalità. Si tratta della logica cattolica dell’et-et, che viene esemplificata dall’insegnamento sul dramma del peccato, che richiede di considerare tanto la fondamentale scaturigine personale, quanto l’innegabile dimensione sociale: “le conseguenze del peccato alimentano le strutture di peccato. Esse si radicano nel peccato personale e, quindi, sono sempre collegate ad atti concreti delle persone, che le originano, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere” (ivi, 119).

Una visione relazionale in dialogo con le scienze umane

Forte di questa visione antropologica, fondata sulla Rivelazione e sviluppata attraverso la ragione in direzione dell’oltrepassamento del dilemma individuo-società grazie all’impostazione personalistico-relazionale, il Magistero sociale si pone in dialogo con le scienze umane per consolidare una concezione integrale dell’uomo che ne onori la fondamentale dignità e le autentiche possibilità. Un fronte di ricerca comune consiste sicuramente nella messa a punto della consistenza ontologica ed epistemologica della nozione di “relazione”, come si può evincere dalla seguente dichiarazione di Benedetto XVI per il quale – a fronte dell’interazione tra i popoli implicata dalla globalizzazione – occorre: “un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione. Si tratta di un impegno che non può essere svolto dalle sole scienze sociali, in quanto richiede l’apporto di saperi come la metafisica e la teologia, per cogliere in maniera illuminata la dignità trascendente dell’uomo” (Caritas in veritate, 2009, 53). Questa direzione di ricerca è stata di fatto ripresa da papa Francesco quando, riflettendo sulla “casa comune” alla luce della correlazione asimmetrica tra l’uomo e l’ambiente, ha più volte insistito sulla “convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso” (Laudato si’, 2015, 16). Un’acquisizione che è stata approfondita teologicamente riprendendo il pensiero del Doctor communis: “l’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio. San Tommaso d’Aquino ha sottolineato sapientemente che la molteplicità e la varietà provengono ‘dall’intenzione del primo agente’, il Quale ha voluto che ‘ciò che manca a ciascuna cosa per rappresentare la bontà divina sia supplito dalle altre cose’, perché la sua bontà ‘non può essere adeguatamente rappresentata da una sola creatura’. Per questo, abbiamo bisogno di cogliere la varietà delle cose nelle loro molteplici relazioni” (ivi, 86).

Oltrepassare l’individualismo, rigenerando legami

Papa Francesco ha poi sottolineato che la società stessa consiste in un “tessuto di relazioni” (Fratelli tutti, 2020, 66), per cui risulta finanche “impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni” (ivi, 89). Nel richiamare i valori della fraternità e dell’amicizia sociale, il Pontefice riconosce nel “virus” dell’“individualismo radicale” il principale solvente socioculturale di quel peculiare tessuto di relazioni interpersonali in cui viviamo (ivi, 105). Indisgiungibile dalla moderna ragione liberale e dal neoliberalismo proprio della tarda modernità, l’individualismo confina l’essere umano in una triste solitudine all’interno di “questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza”, la quale viene considerata “una mera somma di interessi che coesistono” (ivi, 12 e 163). Diffusasi insieme alla globalizzazione, la più recente “mentalità individualistica” accresce la riduzione delle “persone ad individui, facilmente dominabili da poteri che mirano a interessi illeciti” (ivi, 182). Questa riduzione fa tutt’uno con l’affermazione dell’impianto politico-economico liberale, nella misura in cui – come ha mostrato il teologo John Milbank – concepisce l’uomo nei termini formalistici di un soggetto di diritti, definito dalla libertà di scelta, ma astratto dal genere, dalla famiglia, dalle diverse forme di associazione e da ogni appartenenza. Attraverso il suo stesso esserci come Corpo di Cristo, costituito da persone connesse a Cristo e, in Cristo, tra loro, la Chiesa opera vitalmente e culturalmente in modo da (ri-)generare legami sociali a vantaggio di tutti, oltrepassando così l’estrinsecismo relazionale della cultura individualista. In questo senso, la dottrina sociale intende restituire ad ogni essere umano la dignità di persona-in-relazione, chiamata ad esistere comunitariamente custodendo la propria singolarità nel rapporto con gli altri.


Bibliografia
• Cesareo V. (1993), Sociologia. Teorie e problemi, Vita e Pensiero (2a ed.).
• Congar Y. (1961), Persepectives chrétiennes sur la vie personnelle et la vie collective, in Socialisation et personne humaine – Semaine Sociales de France. 47ième Session (Grenoble, 1960), Chronique sociale de France, 195-221.
• Davis J. B. (2003), The Theory of the Individual in Economics. Identity and Value, Routledge.
• Donati P. - Archer M. S. (2015), The Relational Subject, Cambridge University Press.
• Salvioli M. (2018), La Chiesa generatrice di legami. Una risposta ecclesiologica ai limiti dell’individualismo liberale. In dialogo con S. Hauerwas, J. Milbank e W. T. Cavanaugh, Vita e Pensiero.


Autore
Marco Salvioli, O.p., Università Cattolica del Sacro Cuore (marco.salvioli@unicatt.it)