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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2022, 2 – Aprile-Giugno 2022

Prima pubblicazione online: Giugno 2022

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000089

Il dialogo tra l’Unione europea e le organizzazioni religiose The Dialogue between the European Union and Religious Organizations

di Luca Lionello

Abstract:

ENGLISH

L’ordinamento giuridico UE riconosce l’identità delle comunità religiose ed il loro contributo specifico al processo di integrazione. Per questo motivo l’art. 17, par. 3 TFUE, impegna l’Unione a mantenere un dialogo aperto, trasparente e regolare con le chiese e le organizzazioni religiose. Tale norma verrà analizzata al fine di chiarire l’oggetto, le caratteristiche e lo scopo del dialogo. Particolare attenzione verrà data al ruolo delle istituzioni e delle associazioni cattoliche.

Parole chiave: Dialogo, Unione europea, COMECE, Organizzazioni religiose, Universalismo, Integrazione europea
ERC: SH2_4 Constitutions, human rights, comparative law, humanitarian law, anti-discrimination law

ITALIANO

The EU legal order recognizes the identity of religious communities and their specific contribution to the integration process. For this reason, art. 17 par. 3 TFEU, commits the Union to maintain an open, transparent and regular dialogue with churches and religious organizations. The analysis of this norm will help clarify the subject, the characteristics and the purpose of the dialogue. Particular attention will be paid to the role of Catholic institutions and associations.

Keywords: European Union, Dialogue, Religious organizations, Art. 17 par. 3 TFEU, Religious freedom, European integration
ERC: SH2_4 Constitutions, human rights, comparative law, humanitarian law, anti-discrimination law

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La vocazione universalista del Cristianesimo

Notoriamente, la religione cristiana si fa portatrice di una concezione universalista secondo cui tutti i popoli sulla terra fanno parte di un’unica comunità umana. «L’unità della famiglia umana è esistita in ogni tempo, giacché essa ha come membri gli esseri umani che sono tutti uguali per dignità naturale. Di conseguenza esisterà sempre l’esigenza obiettiva all’attuazione, in grado sufficiente, del bene comune universale, e cioè del bene comune dell’intera famiglia umana” (Pacem in terris, 1963, 69). Pur non negando l’importanza delle nazioni sotto il profilo politico, economico, sociale e anche culturale, il magistero della Chiesa insegna che i rapporti tra gli Stati devono fondarsi non sull’uso della forza, bensì sulla base della ragione, dell’equità, del diritto e della trattativa (Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965). Inoltre, la sovranità nazionale non va concepita come qualcosa di assoluto: è possibile al contrario che le nazioni rinuncino liberamente all’esercizio di alcuni diritti sovrani al fine di perseguire obbiettivi comuni in uno spirito di fratellanza universale (Giovanni Paolo II, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 5 ottobre 1995). In questa prospettiva la dottrina sociale della Chiesa è sicuramente favorevole allo sviluppo delle organizzazioni internazionali. «Esse rappresentano i primi sforzi per gettare le fondamenta internazionali di tutta la comunità umana al fine di risolvere le più gravi questioni del nostro tempo»(Gaudium et spes, 1965, 84).

L’esperienza dell’integrazione europea

In questa prospettiva, l’esperienza del processo di integrazione europea è sicuramente molto rilevante per i cristiani: essa non solo ha reso impossibile la guerra tra gli Stati membri, ma può anche rappresentare un modello di pace e di comunione per altre aree del mondo. Si ricordino a proposito le parole di Papa Francesco nel corso della cerimonia che nel 2016 lo ha insignito vincitore del premio Carlo Magno per i suoi meriti in favore del processo di integrazione europea: «La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia. Le ceneri delle macerie non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro, che arsero nel cuore dei Padri fondatori del progetto europeo. Essi gettarono le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi. L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente sé stessa e iniziò a edificare la sua casa» (Discorso in occasione del conferimento del premio Carlo Magno, 6 maggio 2016).

A sua volta, l’Unione europea riconosce una grande importanza al fenomeno religioso. Esso rappresenta non solo una delle espressioni fondamentali dell’identità individuale e un importante fattore di coesione sociale, ma anche un patrimonio di valori, idee e pensiero condiviso in grado di dare un contributo importantissimo alla costruzione dell’Europa unita (Licastro, 122).

La base giuridica per il dialogo tra l’Unione e le organizzazioni religiose

L’impegno dell’Unione europea a favore del dialogo con le organizzazioni religiose è sancito all’art. 17, par. 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Dopo aver fatto riferimento alla specialità delle chiese e delle associazioni o comunità religiose, sotto il profilo sia dell’identità che del loro contributo specifico, la norma esplicita l’obbligo per l’Unione di essere disponibile ad instaurare con esse un dialogo “aperto, trasparente e regolare”. Il significato da attribuire a questa norma è stato esplicitato nelle linee guida per il dialogo adottate dalla Commissione europea nel 2013.

L’apertura al dialogo riguarda sia i suoi destinatari, sia i possibili contenuti. Circa i primi vigerebbe un meccanismo di “inclusione relativa” (Montesano, 33), secondo cui possono partecipare al dialogo con l’Unione tutte le organizzazioni che rispettano due condizioni cumulative: essere riconosciute o registrate a livello nazionale e aderire ai valori dell’Unione. Gli argomenti e il formato del dibattito sono scelti insieme dalla Commissione e dalle organizzazioni in uno spirito di reciproca comprensione costruttiva.

Sotto il profilo della trasparenza, la Commissione si impegna a raccogliere su un sito dedicato tutte le informazioni relative al dialogo che siano rilevanti per il pubblico. Inoltre, pur non essendo una condizione necessaria per partecipare al dialogo, le organizzazioni religiose sono invitate ad iscriversi presso il registro europeo per la trasparenza.

Infine, per favorire la regolarità del dialogo, è previsto lo scambio di scritti e l’organizzazione di incontri e di eventi specifici con le comunità religiose. Queste ultime sono inoltre invitate a contribuire alle procedure di consultazione lanciate regolarmente dall’Unione, per esempio in vista dell’adozione di proposte di atti legislativi.

Le organizzazioni religiose rappresentate presso l’Unione europea

Circa 60 rappresentanze di comunità religiose sono oggi presenti a Bruxelles e partecipano con varia intensità al dialogo con l’Unione europea. Tra le organizzazioni cattoliche si ricordano la Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea e lo Jesuit European Social Centre. La Chiesa ortodossa slava è rappresentata dal Bureau orthodoxe auprès de l’Union Européenne. Il Committee of Representatives of orthodoxes churches to the EU comprende la Chiesa ortodossa greca, la Chiesa ortodossa cipriota, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il Patriarcato di Mosca, il Patriarcato della Romania. La Conference of European Churches (CEC) riunisce 114 chiese di tradizione ortodossa, protestante e anglicana provenienti da diversi Paesi in tutta Europa. L’Office of the Anglican Bishop in Europe rappresenta numerose congregazioni anglicane in tutta Europa. Tra le organizzazioni religiose non cristiane si ricorda il Comitato permanente della Conferenza dei Rabbini europei, l’Hiindu Forum of Europe, l’Union bouddhiste européenne, il Conseil musulman de coopération en Europe e la Federation of Islamic Organisations in Europe.

Le istituzioni UE coinvolte nel dialogo con le organizzazioni religiose

Notoriamente, la Commissione è l’istituzione dell’Unione maggiormente coinvolta nel dialogo con le organizzazioni religiose. Tra i Commissari viene nominato un responsabile per il dialogo ex art. 17, par. 3 TFUE, il quale ha il compito di adottare le iniziative politiche e rappresentare la Commissione nelle relazioni con le chiese e le comunità religiose. È possibile distinguere due tipi di riunioni che la Commissione svolge con le organizzazione religiose. Agli incontri politici di massimo livello partecipano normalmente il Presidente o il primo Vice Presidente della Commissione insieme a figure religiose di spicco: si tratta di eventi di grande impatto simbolico, che tuttavia vengono organizzati sporadicamente e hanno una durata limitata. Esistono poi le riunioni dei gruppi di lavoro, a cui partecipano i tecnici della Commissione e gli esperti delle organizzazioni religiose; questi incontri sono più frequenti e si occupano di questioni specifiche.

Anche il Parlamento europeo ha dimostrato negli ultimi anni una particolare sensibilità verso il dialogo ex art. 17, par. 3 TFUE. Tra i suoi vicepresidenti è stato nominato un responsabile per il dialogo con le chiese e le organizzazioni non religiose incaricato di presentare ogni anno una relazione sulle attività svolte e le iniziative future. Dal 2015 il Parlamento ha organizzato diverse sessioni di dialogo su temi di attualità e di interesse per le organizzazioni confessionali, tra cui il fenomeno della radicalizzazione religiosa, l’educazione, i diritti delle donne, il futuro delle comunità ebraiche in Europa e i conflitti sociali nel modo contemporaneo. Il Parlamento ha inoltre pubblicato alcuni documenti di riflessione e dialogo con le organizzazioni religiose e ha lanciato una serie editoriale sul tema “Religious and Society”. Infine sono state adottate numerose risoluzioni in difesa del principio della libertà religiosa e del pluralismo religioso ed è stata affermata più volte l’importanza del dialogo con le chiese e le organizzazioni religiose.

Il rapporto tra la Chiesa cattolica e l’Unione europea

Fra tutte le organizzazioni confessionali, la Chiesa cattolica è quella che ha più contribuito al processo di integrazione europea e al dialogo con l’Unione. D’altra parte, molti dei padri fondatori, fra cui De Gasperi, Adenauer e Schuman, erano cattolici e avevano avuto esperienza diretta di come il nazionalismo potesse soggiogare i valori universali della fratellanza, della pace e della dignità umana di cui è portatore il Cristianesimo.

Il convinto sostegno della Chiesa al processo di integrazione europea, già espresso da Papa Pio XII ai tempi della dichiarazione Schuman e dei Trattati di Roma, si è rafforzato in seguito al Concilio Vaticano II. Nel 1970 Papa Paolo VI nominava un Nunzio apostolico presso la Comunità e nel 1971 veniva creato il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE) con lo scopo di realizzare una più stretta comunicazione e cooperazione fra le chiese nazionali per promuovere e ispirare la nuova evangelizzazione in ambito europeo. Nel 1976 veniva istituito il Catholic Pastoral European Information Service col compito di informare le Conferenze dei Vescovi circa i progressi fatti dalle Comunità europee. Nel 1980 con l’accordo della Santa sede, le Conferenze dei Vescovi creavano la Commissione degli Episcopati della Comunità europea (COMECE) per monitorare e dare assistenza alla formazione di politiche europee. La COMECE è composta oggi dai delegati dalle conferenze dei vescovi dei 27 Stati membri. Un’altra importante organizzazione cattolica è il Jesuit European Social Centre (JESC) il cui compito è riflettere e adottare posizioni sul processo di integrazione europea e le politiche europee secondo una prospettiva di fede, nonché sviluppare un dialogo con l’Unione e le organizzazioni della società civile europea.

Il contributo della Chiesa cattolica al processo di integrazione europea

Attraverso le sue diverse voci la Chiesa cattolica ha sicuramente dato un contributo decisivo allo sviluppo del processo di integrazione europea.

Innanzitutto, le organizzazioni cattoliche hanno creato degli strumenti di comunicazione per informare le diverse comunità di fedeli sparse sul territorio europeo circa le questioni più rilevanti relative agli sviluppi e alle politiche dell’Unione. Le questioni europee sono l’oggetto di numerosi documenti e riviste pubblicate in diverse lingue, fra cui la newsletterEurope Infos” curata dalla COMECE.

In secondo luogo le organizzazioni religiose partecipano alla formazione e all’attuazione delle politiche europee in diversi ambiti fra cui la politica dell’immigrazione e dell’asilo, la politica dell’integrazione e dell’inclusione sociale, la cooperazione internazionale e l’aiuto allo sviluppo. Fra le diverse organizzazioni religiose impegnate su questi ambiti, quelle di ispirazione cattolica sono sicuramente fra le più attive, basti pensare al ruolo della Caritas, della Commissione cattolica internazionale per l’immigrazione e del Jesuit Refugee Service Europe. Per quanto riguarda l’attività di lobbying in senso stretto la COMECE ha il compito di adottare posizioni comuni fra le conferenze episcopali nazionali da promuovere presso l’Unione.

Infine, è molto importante il ruolo che la Chiesa cattolica, soprattutto nella persona del Santo Padre e delle conferenze dei Vescovi, ha svolto e continua a svolgere a favore dello sviluppo del processo di integrazione europea in sé. Negli scorsi decenni la Chiesa cattolica si è fatta portatrice dei valori dell’europeismo e del sovranazionalismo, mettendo in guardia i fedeli e la classe politica dalle derive neo-nazionaliste che sembrano riemergere e addirittura prevalere in alcuni Stati membri.

Un dialogo intenso, tra comprensioni e incomprensioni

Venendo a considerare i contenuti del dialogo tra Unione europea e organizzazioni religiose, in particolare la Chiesa cattolica, è possibile apprezzare l’evoluzione di un dibattito intenso, che, tuttavia, non ha sempre portato a quelle convergenze auspicate da molti fedeli. Si pensi ad esempio al negoziato del 2003 sul Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa quando la COMECE fece espressamente richiesta che nel preambolo venisse introdotto un riferimento a Dio o alla radici cristiane dell’Europa. Tale posizione fu respinta dai redattori del Trattato, anche a causa della forte opposizione dei governi francese e belga, che si fecero portatori di una rigida impostazione di separazione tra Stato e Chiesa.

Un’altra questione particolarmente rilevante è l’incidenza dell’ordinamento europeo sul diritto di famiglia, dove è in atto una “comunitarizzazione indiretta della materia” (Baratta, 573), soprattutto ad opera della Corte di giustizia. I giudici europei sono infatti intervenuti su numerose questioni particolarmente sensibili per le organizzazioni religiose: si pensi alla sentenza ISCO (2014) in cui si è fatto riferimento alla definizione di “embrione umano”, la sentenza Römer (2011) sull’equiparazione del partner omosessuale circa i benefici pensionistici riconosciuti a persone coniugate e non stabilmente separate o la sentenza Coman (2018) sul significato del termine “coniuge” in relazione alla libertà di circolazione e di soggiorno e al ricongiungimento familiare.

Più recentemente l’Unione europea e le organizzazioni religiose hanno intrapreso un dialogo particolarmente complesso riguardo al tema dell’Intelligenza artificiale, nonché alle possibili applicazioni dell’ingegneria genetica nell’ambito della salute umana, dell’agricoltura e dell’ambiente.

Nonostante le difficoltà, il dialogo tra Unione europea e organizzazioni religiose sì è dimostrato in molti altri ambiti alquanto proficuo. Ad esempio sulle questioni legate alle politiche all’asilo e dell’integrazione, la COMECE ha svolto un’importante attività di sensibilizzazione circa il riconoscimento dei diritti fondamentali dei migranti e l’attuazione dei ricongiungimenti familiari, che il legislatore europeo ha in gran parte recepito. Un’altra importante convergenza tra Unione e le organizzazioni religiose riguarda la lotta ai cambiamenti climatici, come è emerso nei negoziati della COP 21 che hanno portato alla firma dell’Accordo di Parigi sul clima nel 2015.

Altrettanto importante è la collaborazione nell’ambito della cooperazione internazionale e degli aiuti umanitari, dal momento che le organizzazioni religiose non solo forniscono finanziamenti importanti a queste attività, ma sono anche impegnate direttamente e stabilmente sul territorio dei Paesi terzi più in difficoltà. Infine si ricordi, il contributo delle organizzazioni confessionali, in particolare cattoliche, nelle attività di mediazione e dialogo interculturale e interreligioso nel quadro i processi di peace-building nei quali è impegnata l’Unione europea.


Bibliografia
• Baratta R. (2005), Verso la “comunitarizzazione” dei principi fondamentali del diritto di famiglia, in «Rivista di diritto internazionale privato e processuale», 2005.
• Licastro A. (2016), Unione europea e “status” delle confessioni religiose. Fra tutela dei diritti umani fondamentali e salvaguardia delle identità costituzionali, Giuffrè.
• Montesano S. (2015), Brevi riflessioni sull’articolo 17 TFUE e sul progetto di Direttiva del Consiglio recante disposizioni in materia di divieto di discriminazione, in «Stato, Chiese e pluralismo confessionale», p. 1 ss.


Autore
Luca Lionello, Università Cattolica del Sacro Cuore (Luca.Lionello@unicatt.it)