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Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 2 – Aprile-Giugno 2021

Prima pubblicazione online: Giugno 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000049

Corruzione Corruption

di Michele Riccardi, Mario A. Maggioni

Abstract:

ENGLISH

La corruzione si manifesta quando chi detiene il potere abusa dell’autorità riconosciuta per perseguire il proprio interesse personale anziché il bene della società. La corruzione è indicata sia dalla ricerca che dal Magistero come una delle cause principali del sottosviluppo e della diseguaglianza – tra i popoli e all’interno di una stessa comunità. Ma è sbagliato pensare che sia solo un problema che riguarda i ‘rappresentanti’, perché prevenirla richiede un ruolo attivo dei ‘rappresentati’ e un pieno loro coinvolgimento nella gestione del bene collettivo. In questo senso, combattere la corruzione diventa un dovere di ogni cristiano (qualunque posizione ricopra all’interno della società) affinché non abdichi al suo ruolo nella storia, nel presente e nella comunità di cui fa parte.

Parole chiave: Corruzione, Abuso di potere, Sottosviluppo, Trasparenza, Bene collettivo
ERC: SH1_5

ITALIANO

Corruption occurs when authorities abuse of their power to achieve personal instead of collective interest. Corruption is signalled by scholars and the Magisterium as a determinant of underdevelopment and inequality. However, it is wrong to identify corruption as a problem limited to ‘elected representatives’. Citizens may prevent corruption by playing an active role in the management of the common good in any moment and any place.

Keywords: Corruption, Abuse of Power, Underdevelopment, Transparency, Collective Good
ERC: SH1_5

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Introduzione

Molti degli studi in ambito sociologico, economico, criminologico che si occupano di corruzione sottolineano la difficoltà di definire in maniera univoca questo fenomeno, sia perché sempre in evoluzione, sia perché esso può coinvolgere un vasto numero di comportamenti e di soggetti, sia pubblici che privati (Riccardi e Sarno, 2014). Nonostante i problemi definitori – e quelli di misurazione (si veda figura 1) – la letteratura è quasi unanime nel sottolineare, e dimostrare con evidenza empirica, l’impatto negativo della corruzione sulla società, sulla crescita economica e sullo sviluppo sostenibile a livello locale ed internazionale. Questo capitolo parte dal contributo sinora espresso dalle scienze sociali nello studio della corruzione e delle sue determinanti per poi analizzarne le implicazioni in termini di dottrina sociale della Chiesa e infine riflettere su alcuni principi di azione che possano da un lato prevenire comportamenti corruttivi e, più in generale, promuovere la piena realizzazione dell’uomo come parte della comunità in cui vive.

Definizioni

In ambito sociologico, la definizione più comune di corruzione è quella di Rose-Ackerman: “abuso di potere al fine di perseguire un interesse o vantaggio personale” (Rose-Ackerman, 1978). Secondo la Banca Mondiale “la corruzione accade quando un soggetto (corruttore) concede di nascosto un favore a un altro soggetto (corrotto) per influenzare un’azione per la quale il corrotto ha autorità” (World Bank, 1997). Espressioni simili sono utilizzate anche dalle principali organizzazioni di advocacy a livello globale, prima tra tutti Transparency International. Questa definizione prevede l’esistenza di una persona a cui è stato assegnato un ruolo, o un’autorità, di potere allocare delle risorse scarse secondo un criterio di bene collettivo (ad esempio, dei beni o servizi pubblici), e che commette una violazione di questa propria autorità per perseguire invece un interesse personale – ad esempio sottoforma di indebita percezione pecuniaria, scatto di carriera, scambio politico-elettorale.

Figura 1 - Misurare la corruzione: strategie e problemi

Cause e determinanti della corruzione

Le scienze sociali hanno prodotto numerose teorie – anche supportate da crescente evidenza empirica – per spiegare i motivi per cui la corruzione si manifesta, e quelli per cui si distribuisce in maniera non uniforme in paesi, ambiti e culture diverse. Le determinanti della corruzione sono classificabili in tre categorie: (a) economiche; (b) socio-culturali; (c) istituzionali.

a) Determinanti economiche

L’economia politica spiega l’esistenza della corruzione attraverso due paradigmi: (i) la ricerca di rendite (rent-seeking behaviour) come identificato da Anne O. Krueger e (ii) l’esistenza di asimmetrie informative in presenza di contratti incompleti come nei modelli principale-agente di Holmstrom e Milgrom.

Il primo approccio si focalizza sull’effetto distorsivo che l’intervento pubblico può causare sui mercati, inducendo una parte degli operatori ad impegnarsi in attività improduttive (la ricerca delle rendite generate dal predetto intervento) invece che dedicarsi ad attività di produzione e scambio che migliorino il benessere sociale.

Il secondo paradigma fa riferimento all’esistenza di asimmetrie informative nel contratto tra un principale (es. gli elettori) e un agente (es. il corpo politico eletto) relativo all’esecuzione di un compito. Al principale risulta molto difficile, o comunque eccessivamente costoso, monitorare le attività dell’agente per assicurarsi che questo esegua il compito prescritto con la necessaria diligenza ed efficacia; come risultato l’agente riesce facilmente ad abusare della autorità della quale è investito per perseguire vantaggi personali.

Utilizzando queste due “lenti” teoriche possiamo individuare, in ordine di rilevanza, seguendo da vicino quanto descritto in Mauro (1997), le seguenti determinanti specifiche:

Restrizioni al commercio internazionale – L’esistenza di restrizioni quantitative sulle importazioni può indurre gli importatori a corrompere i funzionari che si occupano di concedere licenze o permessi di importazione. Più in generale, ogni forma di protezione dalla concorrenza internazionale (ad esempio attraverso dazi o barriere non tariffarie) genera un potere monopolistico per l’industria locale, che ha dunque interesse nel corrompere i politici più influenti per mantenere lo status quo. Evidenze empiriche mostrano che i Paesi meno corrotti sono quelli in cui il commercio internazionale è più libero da restrizioni governative.

Sussidi governativi – Evidenze empiriche mostrano livelli più elevati di corruzione in quei Paesi caratterizzati da sussidi generalizzati, non condizionali e dall’esistenza di forti asimmetrie informative tra funzionari pubblici che amministrano i sussidi e imprese che ne godono impropriamente.

Prezzi amministrati e quote massime – L’introduzione di prezzi amministrati o di limiti sulle quantità massime acquistabili di alcuni beni risponde in genere a ragioni politiche o sociali (es. assicurare l’accesso al bene da parte delle fasce più povere della popolazione), ma può indurre come effetto collaterale la scomparsa di tali beni dal mercato ufficiale e la comparsa di un mercato nero, in cui gli stessi vengono scambiati a un prezzo maggiorato. Questo potrebbe indurre alcuni soggetti a corrompere i funzionari pubblici al fine di acquisire quantità significative di questi beni a prezzo controllato per poi rivenderli sul mercato nero.

Esistenza di tassi di cambio multipli e/o di schemi di allocazione del cambio – L’esistenza di molteplici tassi di cambio differenziati (per gli importatori, per i turisti, gli investitori) può portare alla corruzione di ufficiali pubblici perché questi applichino tassi vantaggiosi per un operatore non appartenente alla categoria per cui tale tasso differenziale era stato previsto. Inoltre, le banche possono realizzare enormi profitti approfittando delle possibilità di arbitraggio. Alcuni operatori privati possono corrompere i pubblici ufficiali per ottenere quote di valuta estera superiori a quelle che sarebbero loro attribuite per legge.

Differenze salariali tra settore pubblico e settore privato – Se gli stipendi nel settore pubblico sono molto inferiori a quelli del settore privato, possono sorgere incentivi per i funzionari pubblici ad “arrotondare” il proprio stipendio attraverso la “vendita di favori” tramite pratiche corruttive e concussive.

Dotazione di risorse naturali – La disponibilità di risorse naturali (quali petrolio, gas, minerali, pietre preziose, legname) soggette a regolamentazioni governative può indurre funzionari corrotti a concedere licenze di sfruttamento dietro compensi illeciti o elargizioni di diverso genere.

Disponibilità di aiuti esteri – Nei Paesi beneficiari di capitali provenienti dall’estero, sotto forma di aiuti e/o di prestiti a tassi agevolati, i funzionari pubblici, responsabili dell’allocazione di questi fondi, sono investiti di un forte potere discrezionale che li espone a pratiche corruttive e/o concussive, anche nei confronti di organizzazioni non governative (ONG) che devono spesso pagare una “tassa” per potere operare o per interagire con la burocrazia pubblica (es. per consentire o facilitare lo sdoganamento di attrezzature mediche o tecniche).

b) Determinanti sociali, antropologiche e culturali

Frazionamento etno-linguistico – L’esistenza di profonde divisioni etniche o linguistiche può contribuire allo sviluppo della corruzione in quanto l’inserimento nei quadri dell’amministrazione pubblica avviene più per motivi di appartenenza che di capacità professionali accertate mediante procedure oggettive (come i concorsi).

Gerarchizzazione sociale e mancanza di fiducia – Alcune analisi empiriche hanno riscontrato elevati livelli di corruzione in società e culture particolarmente “gerarchiche”, anche se l’ipotesi è contestata da quegli autori che sottolineano il ruolo delle istituzioni informali e delle norme psico-sociali nel disincentivare comportamenti corruttivi.

Mancanza di fiducia – Alcuni contributi hanno individuato nella mancanza di fiducia all’interno della società (e nei confronti delle autorità) un incentivo a comportamenti corruttivi.

Passato coloniale – Paesi che hanno sperimentato dominazioni straniere o coloniali registrano spesso livelli più elevati di corruzione, spiegati da alcuni autori come l’effetto della separazione reale o percepita tra popolazione locale e funzionari che vengono ancora accomunati a dominatori.

c) Determinanti istituzionali e politiche

Democrazia e trasparenza – Un’ampia letteratura mostra come i sistemi democratici – in particolare le democrazie parlamentari – siano associati ad una più efficace prevenzione della corruzione (Treisman, 2000). Negli ultimi anni, il ruolo della trasparenza pubblica come disincentivo a comportamenti corruttivi – ad esempio in termini di migliori comunicazioni delle decisioni di governo, di chiarezza su conti, finanze ed eventuali conflitti di interesse – è stato frequentemente richiamato sia dai ricercatori che da organizzazioni di advocacy come Transparency International, Oxfam o Global Witness. La trasparenza consente di mitigare i problemi principale-agente e di migliorare il controllo che l’elettorato può esercitare sul rappresentante dotato di autorità, e la responsabilità (accountability) di quest’ultimo nei confronti della comunità civile. Tuttavia, la relazione tra democrazia e corruzione è complessa e non lineare: il passaggio da regimi autocratici a regimi moderatamente democratici, implicando un minor livello di controllo politico, potrebbe accompagnarsi in media ad un incremento della corruzione, e non a una sua diminuzione (ma la letteratura empirica non ha ancora raggiunto un chiaro consenso al riguardo).

Governi parlamentari vs. presidenziali – La corruzione, inoltre, pare essere collegata ad altre caratteristiche istituzionali meno ovvie. Per esempio, esiste una certa evidenza empirica secondo la quale i governi di tipo parlamentare sono caratterizzati da un minore grado di corruzione rispetto ai governi di tipo presidenziale. La ragione sarebbe da ricercare nel fatto che un parlamento dotato di ampie prerogative può meglio esercitare una funzione di controllo data la sua natura intrinsecamente pluralista.

Caratteristiche del sistema elettorale – In linea di principio, nei sistemi democratici gli elettori hanno modo di liberarsi dei politici corrotti non rieleggendoli, ma nei fatti la competizione politica avviene su più dimensioni, al punto che gli elettori potrebbero razionalmente preferire dei politici corrotti rispetto a candidati onesti percepiti come meno abili. A rendere ancora più problematica la questione, si consideri che i politici corrotti possono dedicare più risorse per finanziare le proprie campagne elettorali, per intrattenere relazioni di clientela coi propri elettori e, anche, per divenire loro stessi, oltre che corrotti, anche corruttori di settori importanti della vita pubblica (es. media o giudici). La corruzione, alla fine, “corrompe” anche il processo politico.

Decentramento amministrativo – Secondo alcuni, il decentramento favorisce la lotta alla corruzione, perché avvicina il governo ai cittadini, e quindi, da un lato, agevola il controllo di questi ultimi sugli eletti, e dall’altro consente ai governi di conoscere meglio i loro problemi e di fornire ad essi risposte più adeguate. Tuttavia, secondo altri osservatori, il decentramento si presta anche a forme particolarmente gravi di “cattura” del processo politico da parte delle élite locali, che potrebbero riuscire a controllare più facilmente le risorse disponibili e a godere di rendite di posizione.

Figura 2 - Controllare la corruzione: una prospettiva globale

Dall’interazione delle determinanti sopra illustrate derivano diversi livelli di corruzione in diversi Paesi. La mappa mostra la distribuzione dell’indicatore Control of corruption di World Bank. Paesi con valori più elevati (colore più scuro) mostrano una migliore capacità di prevenzione della corruzione. Elaborazione degli autori di World Bank (2021). Valori normalizzati su scala 0-1

L’impatto della corruzione

L’impatto negativo della corruzione sul buon funzionamento del sistema economico e sulla sua crescita è dimostrato da vasta letteratura; così come le distorsioni in termini di allocazione delle risorse tra soggetti beneficiari, qualità ed efficienza dei servizi offerti. Questo dipende da una serie di motivazioni più specifiche, discusse di seguito.

Sull’impresa – Gli imprenditori possono percepire la corruzione diffusa come una sorta di tassa iniziale sui propri investimenti o per avviare una nuova attività; in questo senso la corruzione agisce come un disincentivo agli investimenti privati che costituiscono uno dei principali motori della crescita economica di un Paese. Va segnalata tuttavia la posizione – minoritaria – di chi sostiene che la corruzione possa agire in determinanti contesti istituzionali (in particolare nei Paesi in via di sviluppo con struttura istituzionale fragile) come lubrificante della macchina amministrativa e motore di crescita economica (“greasing the wheels”). Il dibattito empirico più recente appare ormai risolto a favore di chi sostiene che la corruzione sia invece un freno agli ingranaggi del sistema economico (“sanding the wheels”) come ben illustrato in Aidt (2009).

Sul capitale umano – In un regime corrotto vengono anche depressi gli incentivi all’accumulazione di capitale umano. Se infatti gli impieghi migliori vengono assegnati sulla base di reti informali di conoscenze o, ancor peggio, sulla base di pratiche corruttive e concussive, viene a mancare l’incentivo ad investire nella propria istruzione, soprattutto per gli individui non appartenenti alle élites e al di fuori delle “reti privilegiate”. In questo senso non solo viene diminuito il tasso di crescita del capitale umano (altro grande motore di sviluppo, come sottolineato dalle teorie della crescita endogena), ma anche la mobilità sociale, fenomeno che contribuisce a diminuire la sclerotizzazione di una società e a renderla più aperta e recettiva alle innovazioni sociali, politiche e tecnologiche.

Sulla spesa pubblica – La corruzione, riducendo l’efficacia della tassazione e facendo crescere il livello della spesa pubblica può inoltre portare a squilibri del bilancio pubblico; non solo, quando riguarda il sistema degli appalti pubblici per l’affidamento di contratti di servizi o di fornitura di beni, ovvero per la costruzione di infrastrutture, può portare ad un abbassamento della qualità media degli stessi con conseguenze spesso drammatiche (Vannucci, 2015).

Su ineguaglianza e povertà – Vi è infine da considerare l’impatto indiretto della corruzione su ineguaglianza e povertà, impatto che può avvenire attraverso alcuni dei canali già sopra descritti come la distorsione del sistema fiscale, un mal disegno dei programmi di intervento sociale, i disincentivi agli investimenti in capitale umano e alla mobilità sociale, specialmente per le fasce più povere e marginalizzate della popolazione, un peggioramento dei servizi pubblici in materia di educazione e sanità e più in generale attraverso un minore tasso di crescita.

Figura 3 - Impatto della corruzione

Elaborazione degli autori su Muzurura J. , Causes, Dissemination Channels, and Consequences of Corruption in Zimbabwe. Searching for a Kryptonite Solution, «Humanities and Social Sciences Letters», 7(2), 104-122 e altre fonti

Corruzione e dottrina sociale della Chiesa

Nella Sacra Scrittura – Benché il termine “corruzione”, come inteso in questo saggio, appaia marginalmente nella Sacra Scrittura, comportamenti come quelli descritti sopra sono invece frequentemente richiamati; e la condanna è sempre chiara: “il re rende stabile il paese con la giustizia, ma chi riceve regali lo manda in rovina” (Pr 29, 4) e anche “il regalo acceca chi vede e perverte le parole dei giusti” (Es 23, 8) o ancora “non pervertirai il diritto, non userai parzialità e non accetterai regali, perché il regalo acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giusti” (Dt 16, 19) e infine: “chi cammina nella giustizia e parla con lealtà, chi rigetta un guadagno frutto di angherie, scuote le mani per non accettare regali, si tura gli orecchi per non udire fatti di sangue e chiude gli occhi per non vedere il male: costui abiterà in alto” (Is 33, 15-16). Il “regalo” (ovvero il vantaggio personale guadagnato nell’atto corruttivo) è quindi una violazione della “giustizia”, ovvero di quel patto tra gli uomini che il “re”, cioè il soggetto investito dell’autorità, ha l’obbligo di mantenere e perseguire.

Nel Magistero della Chiesa – Le enclicliche e i contributi della dottrina sociale si muovono tutti nella medesima direzione. La Sollicitudo rei socialis (1987) denuncia le “ingenti somme di danaro, che potrebbero e dovrebbero esser destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, [che] sono invece utilizzate per l’arricchimento di individui o di gruppi” (10) e così la Centesimus annus (1991) ricorda che “le domande che si levano dalla società a volte non sono esaminate secondo criteri di giustizia e di moralità, ma piuttosto secondo la forza elettorale o finanziaria dei gruppi che le sostengono” (47). Il problema è ripreso anche nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004) che, al numero 411, parla di “corruzione politica” come di un tradimento “al tempo stesso dei principi della morale e le norme della giustizia”: anche in questo caso, l’accento viene posto sulla violazione del patto di giustizia tra gli uomini – ovvero tra governanti e governati – e come causa della crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, della politica, dei suoi rappresentanti. Questo perché “la pubblica amministrazione, a qualsiasi livello – nazionale, regionale, comunale –, quale strumento dello Stato, ha come finalità quella di servire i cittadini” (412). Quando abusa del suo potere per interessi di parte, lo Stato – ovvero i suoi rappresentanti – manca alla sua funzione di “gestore del bene del popolo” ovvero di amministratore “in vista del bene comune” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 5).

La Sollicitudo rei socialis definisce “corrotti” i regimi che frenano lo sviluppo dei Paesi in via di sviluppo (44), la cui economia può risultare “soffocata dalle spese militari, come dal burocratismo e dall’intrinseca inefficienza” (22). La corruzione è la prima ragione di disuguaglianza tra popoli e Paesi, e anche all’interno dello stesso Paese: “persistono, d’altra parte, in tutto il mondo, fortissime disuguaglianze tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, alimentate anche da diverse forme di sfruttamento, di oppressione e di corruzione che influiscono negativamente sulla vita interna e internazionale di molti Stati” (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 193).

Al n. 56 dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, (2013) a proposito delle concause dell’ineguaglianza derivante dallo squilibrio tra “i guadagni di pochi [che] crescono esponenzialmente e quelli della maggioranza [che] si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice” si descrive “una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali”.

Al n. 447 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa si afferma: “tra le cause che maggiormente concorrono a determinare il sottosviluppo e la povertà, oltre all’impossibilità di accedere al mercato internazionale, vanno annoverati l’analfabetismo, l’insicurezza alimentare, l’assenza di strutture e servizi, la carenza di misure per garantire l’assistenza sanitaria di base, la mancanza di acqua potabile, la corruzione, la precarietà delle istituzioni e della stessa vita politica”. La corruzione – l’interesse personale che prevale su quello collettivo – appare perciò come l’ostacolo principale al raggiungimento dello sviluppo completo dell’uomo e della comunità di cui fa parte.

Nei discorsi di Papa Francesco – Più recentemente Papa Francesco, nel discorso alla Commissione Parlamentare Antimafia del Parlamento italiano del 21 settembre 2017, ha così presentato il problema della corruzione e la necessità che la lotta alla stessa abbia tre componenti (politica, economica e di coscienza civile) egualmente necessarie e rilevanti: “il punto di partenza rimane sempre il cuore dell’uomo, le sue relazioni, i suoi attaccamenti. Non vigileremo mai abbastanza su questo abisso, dove la persona è esposta a tentazioni di opportunismo, di inganno e di frode, rese più pericolose dal rifiuto di mettersi in discussione. Quando ci si chiude nell’autosufficienza si arriva facilmente al compiacimento di sé e alla pretesa di farsi norma di tutto e di tutti. Ne è segno anche una politica deviata, piegata a interessi di parte e ad accordi non limpidi. Si arriva, allora, a soffocare l’appello della coscienza, a banalizzare il male, a confondere la verità con la menzogna e ad approfittare del ruolo di responsabilità pubblica che si riveste […].

A tale scopo, diventa decisivo opporsi in ogni modo al grave problema della corruzione che, nel disprezzo dell’interesse generale, rappresenta il terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono e si sviluppano. Lottare contro le mafie significa non solo reprimere. Significa anche bonificare, trasformare, costruire, e questo comporta un impegno a due livelli. Il primo è quello politico, attraverso una maggiore giustizia sociale [...].

Il secondo livello di impegno è quello economico, attraverso la correzione o la cancellazione di quei meccanismi che generano dovunque disuguaglianza e povertà […].

Questo duplice livello, politico ed economico, ne presuppone un altro non meno essenziale, che è la costruzione di una nuova coscienza civile […]. Serve davvero educare ed educarsi a costante vigilanza su sé stessi e sul contesto in cui si vive, accrescendo una percezione più puntuale dei fenomeni di corruzione e lavorando per un modo nuovo di essere cittadini, che comprenda la cura e la responsabilità per gli altri e per il bene comune”.

Invero nel Nuovo Testamento c’è un curioso riferimento ad un “giudice iniquo” che, in Lc 18, 1-8 – nell’interazione con una vedova che insistentemente chiede giustizia contro un suo avversario – dichiara: “Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta, le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”. Al di là dell’etichetta affibbiata al giudice, non è scritto che la decisione favorevole alla vedova sia di per sé iniqua e, dunque, questo episodio potrebbe forse essere interpretato come un esempio di quanto l’impegno e l’insistenza del “cittadino” – la coscienza civile della vedova – possano disciplinare e controllare l’azione del giudice, cioè dei “potenti”.


Bibliografia
• Aidt T. S. (2009), Corruption, institutions, and economic development, «Oxford review of economic policy», 25(2), 271-291.
• Mauro P. (1997), Why worry About Corruption, «Economics Issues», 6, IMF, Washington, DC.
• Rose-Ackerman S. (1978), Corruption. A Study in Political Economy, Academic Press.
• Riccardi M., Sarno F. (2014), Corruption, in Encyclopedia of Criminology and Criminal Justice, Springer, 630-641.
• World Bank (1997), Helping countries combat corruption: the role of World Bank.
Per un approfondimento specifico delle diverse sezioni si veda la bibliografia ragionata disponibile in allegato.


Autori
Michele Riccardi, Università Cattolica del Sacro Cuore (michele.riccardi@unicatt.it)
Mario A. Maggioni, Università Cattolica del Sacro Cuore (mario.maggioni@unicatt.it)