×

Desideri ricevere notizie dal Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore?

Iscriviti alla Newsletter

Dizionario di dottrina
sociale della Chiesa

LE COSE NUOVE DEL XXI SECOLO

Fascicolo 2021, 4 – Ottobre-Dicembre 2021

Prima pubblicazione online: Dicembre 2021

ISSN 2784-8884

DOI 10.26350/dizdott_000072

Interculturalismo e processi migratori Interculturalism and International Migration

di Giovanni Giulio Valtolina

Abstract:

ENGLISH

Nell’epoca contemporanea, la questione dell’incontro con la “diversità” è di grande rilevanza per ogni singolo credente che, rispetto al passato, è interpellato da una presenza sempre maggiore di persone di origine straniera nella propria società. Un modello di integrazione ispirato all’interculturalismo, come quello proposto dal Magistero, fondato sul costruire ponti anziché innalzare muri, sull’incontro e sul dialogo, è la chiave per una convivenza interetnica pacifica e fraterna.

Parole chiave: Migrazioni internazionali, Relazioni interetniche, Integrazione, Cultura, Società, Dialogo, Inclusione
ERC: SH2_6 – Globalization, Migration, Interethnic relations

ITALIANO

Nowadays, facing the “different” is a relevant issue for every Christian, who, compared to the past, is chal-lenged by an increasing presence of migrants in the society. A model of integration inspired by intercultural-ism, such as the one proposed by the Catholic Church Magisterium, based on building bridges instead of raising walls, on personal contact and dialogue, can be the key to peaceful and brotherly interethnic coexist-ence.

Keywords: International migration, Interethnic relations, Inclusion, Culture, Society, Dialogue, Inclusion
ERC: SH2_6 – Globalization, Migration, Interethnic relations

Condividi su Facebook Condividi su Linkedin Condividi su Twitter Condividi su Academia.edu Condividi su ResearchGate

Introduzione

Le società contemporanee stanno sempre più assumendo un profilo multietnico e multireligioso, in quanto al proprio interno sono presenti gruppi appartenenti a tradizioni culturali differenti, con una rilevanza non solo quantitativa ma anche sociale, culturale, economica e politica. Si tratta di una trasformazione, conseguenza in particolare del fenomeno delle migrazioni internazionali [cfr. voce Migrazioni internazionali], che genera timori e preoccupazioni e che ha mutato la composizione e l’assetto di molte società, facendo venire meno molte certezze.

La questione dell’incontro con la diversità – affrontata spesso a partire dall’idea che essa rappresenti l’avvento del caos sull’ordine – interessa non solo gli studiosi, ma interpella ogni singolo credente che, rispetto al passato, soprattutto nelle società europee, sperimenta in prima persona il crescente pluralismo della società umana, ponendogli problemi inediti e portandolo a innalzare muri, ma anche a costruire ponti, nella ricerca di pacifiche e soddisfacenti modalità di convivenza interetnica.

Multietnicità, multiculturalità e multiculturalismo.

Prima di procedere a descrivere quali sono le caratteristiche dell’interculturalismo, occorre ricordare l’importanza del concetto di “etnicità”, il quale, lungi dal perdere importanza – come qualcuno aveva troppo affrettatamente sostenuto –, assurge a dimensione rilevante della vita sociale, sempre più definita “multietnica” per designare la tipica configurazione delle società contemporanee.

E se la multietnicità è definibile come una situazione di compresenza in un determinato spazio fisico o relazionale di differenti gruppi etnici portatori di diversi patrimoni culturali, occorre anche ricordare che essa implica necessariamente la multiculturalità in quanto i diversi gruppi etnici, presenti su uno stesso territorio, sono sempre portatori di una propria e specifica cultura. Questa multiculturalità, in diversi Paesi europei, è stata tradotta in opzione politica – quella del multiculturalismo –, indicando una precisa modalità di gestione della convivenza multietnica, orientata alla valorizzazione pubblica delle diversità. Si tratta di un concetto estremamente fluido e dai significati molteplici.

Se il termine multietnicità è descrittivo, in quanto descrive una condizione di fatto, occorre precisare che quello di multiculturalismo è invece prescrittivo, in quanto delinea un progetto che ci si propone di realizzare. Tra i due termini esiste tuttavia uno stretto nesso, poiché il multiculturalismo costituisce una delle principali soluzioni proposte per il governo di una società multietnica. Esso si fonda sulla richiesta di riconoscimento delle differenze culturali, in ragione di un principio di pari dignità delle singole identità culturali, cioè dell’eguale valore di culture diverse. Nella sua versione radicale, tale modello rivendica il diritto al riconoscimento di ciascuna cultura per quello che è, negando qualsiasi selezione e valutazione in termini valoriali.

I limiti del multiculturalismo

Alcuni leader europei – ad esempio, David Cameron in Inghilterra e Angela Merkel in Germania – hanno già denunciato i limiti del multiculturalismo, dove la difesa delle differenze culturali alla fine ha prodotto contrapposizioni inaccettabili e il rifiuto dei diritti degli altri. Nei due casi, come ha sottolineato Alain Touraine, ha prevalso un comunitarismo intransigente che resiste ad ogni integrazione. In una società multiculturale senza integrazione interculturale, cioè senza dialogo reciproco e condivisione di valori, il rispetto della diversità culturale produce l’antagonismo di pratiche, valori e tradizioni, dove l’assenza di un terreno comune finisce per minare la convivenza interetnica.

Video: L'odio (Trailer)

Il multiculturalismo, infatti, può esistere solo se contemporaneamente si rafforza la coesione sociale, sul piano dei valori condivisi che fondano l’appartenenza alla cittadinanza e all’identità collettiva. L’idea che diverse comunità culturali o religiose possano continuare a vivere all’interno di una stessa società conservando i loro valori e le loro tradizioni era nata proprio in Inghilterra, che però all’epoca pensava soprattutto alle diverse comunità provenienti dall’impero britannico e quindi unificate dalla lingua inglese. Oggi l’Inghilterra non ha più la capacità d’integrazione che aveva in passato e lo stesso vale per la Francia e perfino – in parte – per gli Stati Uniti. Riconoscere i limiti di una società multiculturale non significa però rinunciare al rispetto delle altre culture e al dialogo, che è sempre un fattore positivo. Tuttavia, ciò non può ridursi semplicemente alla tolleranza, anche perché talvolta dietro di essa si cela un sentimento di superiorità. Solo se si rinforza il senso di appartenenza all’identità collettiva diventa possibile riconoscere e valorizzare le differenze culturali. Visti quindi gli esiti negativi – o comunque insoddisfacenti – di tale modello in diverse società europee che l’hanno adottato, occorre pensare a nuove prospettive di convivenza, prendendo in considerazione l’interculturalismo.

Video: Cosa dirà la gente? (Trailer)

Che cosa intendiamo per interculturalismo?

L’interculturalismo si differenzia dal multiculturalismo in quanto l’elemento distintivo è costituito dal dialogo tra differenti culture, con la conseguente apertura nei loro confronti e una attenzione particolare alla dinamicità delle trasformazioni culturali. Mentre il multiculturalismo, nelle sue pur molteplici espressioni, pone l’accento sulle differenze culturali, l’interculturalismo pone l’accento sulle affinità tra culture differenti e si fonda sullo scambio personale, reciproco e simmetrico, all’interno del processo di acculturazione (Valtolina, 2019), cioè del processo di cambiamento culturale dovuto al contatto continuo e diretto tra persone appartenenti a diverse tradizioni. E, ancora, mentre il modello di società fondata sul multiculturalismo presenta al suo interno tante singole culture distinte e separate, il modello di società interculturale si qualifica per una pluralità di contatti, rapporti e scambi tra singoli individui appartenenti a culture differenti.

Video: Fratelli d’Italia (scheda docu-film)

Video: Sognando Beckham (trailer)

La premessa indispensabile per attivare un progetto interculturale va individuata nel fatto che i partecipanti a tale progetto debbano fornire ragioni valide per le loro richieste; queste ragioni devono essere inoltre presentate in modo tale che le persone di differente fede o cultura possano comprenderle e ritenerle ragionevoli. Il perno di tale logica consiste nel riconoscere il primato della persona sia sullo Stato sia sulla comunità: è la soggettività della persona che diventa il fondamento del rapporto interculturale. In questa prospettiva le culture differenti sono chiamate a condividere e a far proprio un nucleo di valori irrinunciabili che, in quanto tali, valgono per tutti gli esseri umani, come la dignità umana, la libertà religiosa e il rispetto della vita. Tra le diverse modalità di gestione della multietnicità è quindi auspicabile quella dell’interculturalismo.

L’interculturalismo nell’istruzione Erga migrantes caritas Christi

Le parole “interculturalismo” e “integrazione interculturale” appaiono rarissime volte nell’istruzione Erga migrantes caritas Christi (2004, EMCC), documento cardine sul tema dell’atteggiamento in cui occorre porsi nei confronti dei migranti. Se però tali termini li si intende in stretta assonanza con termini come “incontro”, “dialogo”, “accoglienza”, “solidarietà”, “comunità”, “acculturazione”, “identità”, allora tali concetti pervadono l’intera istruzione e ne formano la struttura portante (Bentoglio, 2010).

Già nell’introduzione, il documento del magistero parla delle migrazioni come occasione d’incontro tra persone e popoli, per favorirne la conoscenza reciproca, il dialogo e la comunione, se non l’integrazione a vari livelli (n. 2). Però, il fenomeno dell’immigrazione, che entra nelle comunità cristiane, oltre a essere rilevato, esige necessariamente dei percorsi di discernimento e di educazione. Se è vero, come ha ricordato Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata mondiale delle migrazioni del 1996, che “nella Chiesa nessuno è straniero e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e a nessun luogo”, diventa indispensabile avviare percorsi di fraternità ecclesiale che riconoscano il valore dello straniero. Per questo motivo, le chiese locali si devono sentire interpellate in prima persona da quanto affermato nell’istruzione: “Le migrazioni offrono alle singole Chiese locali l’occasione di verificare la loro cattolicità, che consiste non solo nell’accogliere le diverse etnie, ma soprattutto nel realizzare la comunione di tali etnie” (EMCC, 103).

L’interculturalismo nel magistero di Giovanni Paolo II

Al tema dell’integrazione interculturale è stata dedicata la 91a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2005, pochi mesi dopo l’approvazione pontificia dell’istruzione Erga migrantes caritas Christi, alla quale il Papa fa ampi riferimenti nel messaggio che, per consuetudine, ogni Pontefice diffonde in preparazione alla giornata [cfr. voce Migrazioni internazionali]. Giovanni Paolo II apre il suo scritto avvertendo che “il contenuto di questo concetto [l’integrazione interculturale] e la sua pratica non si definiscono facilmente”, sottolineando che “l’integrazione non è presentata come un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale” e che “il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il ‘segreto’, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza di ciascuno”. Il Papa riprende le parole stesse dell’istruzione, quando afferma che l’integrazione è “un obiettivo del lungo periodo, da perseguire costantemente e nel giusto senso della parola” (EMCC, 42), tramite “un processo prolungato che passa attraverso una prassi di rispetto reciproco delle persone e di accettazione o tolleranza dei differenti costumi” (EMCC, 2). Infatti, se il processo di integrazione chiede alla società di accoglienza uno sforzo di apertura al cambiamento, esige anche dal migrante un atteggiamento di apertura e disponibilità: “il migrante, in tale processo, è impegnato a compiere i passi necessari all’inclusione sociale, quali l’apprendimento della lingua nazionale e il proprio adeguamento alle leggi e alle esigenze del lavoro, così da evitare il crearsi di una differenziazione esasperata”. In sostanza, il modello di integrazione proposto si sovrappone al concetto di interculturalismo che si può dunque affermare corrisponda alla soluzione suggerita dal Magistero per il funzionamento di una società multietnica e multiculturale.

Giovanni Paolo II, sempre nel suo messaggio, non ha sottovalutato neppure il delicato problema della ricerca del giusto equilibrio tra il rispetto dell’identità propria e il riconoscimento di quella altrui. Il Papa, infatti, critica sia i modelli assimilazionisti, “che tendono a fare del diverso una copia di sé”, sia i modelli di marginalizzazione degli immigrati.

Integrazione interculturale e migrazioni

Che il fenomeno migratorio sia un tema potenzialmente conflittuale e divisivo, in modo spesso radicale, è cosa nota ormai da tempo. In particolare, è noto che quella degli immigrati rappresenta oggi, nelle società occidentali, una categoria di soggetti al tempo stesso desiderati e indesiderati. L’Eurobarometro, ad esempio, da diversi anni segnala puntualmente questo ambivalente atteggiamento dei cittadini europei nei confronti degli stranieri immigrati.

In tale contesto, si rende più che mai necessario un modello d’integrazione che faccia propria la prospettiva interculturale, una prospettiva che rifiuta sia di prendere in considerazione solamente le differenze che separano gli immigrati dagli autoctoni, sia di negare l’esistenza di differenze significative tra gli uni e gli altri per giungere a un’assimilazione più o meno forzata. Dei principi che devono essere posti a fondamento di una politica che voglia assicurare a tutti il soddisfacimento dei diritti umani fondamentali e al tempo stesso garantire uno spazio pubblico in cui i gruppi appartenenti a tradizioni culturali diverse da quelle degli autoctoni possano pacificamente definire i limiti entro cui mantenerle, se ne possono ricordare qui due, in particolare: il primo è quello della neutralità, non dell’indifferenza, della società autoctona nei confronti delle tradizioni culturali di cui sono portatori i migranti; se la neutralità dice l’imparzialità con cui una società deve confrontarsi con le varie culture, l’indifferentismo dice l’impossibilità di fissare un ordine tra diverse istanze culturali per via della mancanza di un criterio oggettivo di scelta, aprendo la strada al relativismo etico. Il secondo principio consiste nel perseguire l’obiettivo di integrare le minoranze entro una condivisa cultura nazionale, adottando quale presupposto per l’integrazione che le diverse tradizioni culturali concordino – cioè facciano proprio – un nucleo di valori irrinunciabili che, in quanto tali, valgono per tutti gli uomini, quale che sia la loro appartenenza a una specifica cultura.

Valori e diritti umani universali

I valori sui quali le differenti culture dovrebbero convergere sono quelli posti a fondamento dei diritti umani universali e che, anche di recente, sono stati ripresi e sottolineati dai due ultimi Pontefici, Benedetto XVI e Francesco. Esempi di questi valori possono essere l’uguaglianza, la tolleranza, il rispetto, la condivisione. In questa prospettiva, il modello dell’interculturalismo ha diversi punti di forza, come è stato a più riprese sostenuto da acuti studiosi, come Stefano Zamagni. Innanzitutto, tale modello evidenzia chiaramente come l’obiettivo sia l’inclusione, dal momento che i gruppi di immigrati presenti nel Paese d’accoglienza non vengono incoraggiati a sentirsi come “nazioni separate” che si autogovernano. Un altro è quello di rendere palese e trasparente a tutti, autoctoni e immigrati, le regole e i criteri in base ai quali le richieste avanzate verranno prese in considerazione e valutate, eliminando pericolosi spazi di discrezionalità. La via del compromesso ragionato e ragionevole suggerita dal modello dell’interculturalismo, fondato sul dialogo, sul rispetto reciproco e su valori condivisi, può quindi essere un’efficace soluzione a molte situazioni di difficoltà e incertezza, come quelle a cui oggi assistiamo.

Almanya - La mia famiglia va in Germania (trailer)

Osservazioni conclusive

Negli ultimi decenni, la globalizzazione ha reso strutturale e di sempre maggiore portata il fenomeno della mobilità umana. In tale cornice, la necessità di una pacifica convivenza interetnica, ispirata a valori comuni e al rispetto reciproco, è quanto mai impellente. Il modello dell’interculturalismo, così come delineato dagli studiosi e proposto nei diversi documenti del Magistero, sembra essere una soluzione particolarmente adeguata. Da una prospettiva cristiana, tale modello, lungi dall’essere una concessione al relativismo, esemplifica invece la ricerca di “common grounds”, che costituiscono un elemento fondamentale nel processo di costruzione dell’identità stessa della Chiesa cattolica (Baggio, 2011).


Bibliografia
• Baggio F. (2011), Planning for the Pastoral Care for Migrants and Refugees in a Multicultural Church, «Thinking Migration», 1, ACMRO, pp. 20-31.
• Bentoglio G. (a cura di) (2010), Sfide della Chiesa in cammino, Libreria Editrice Vaticana.
• Valtolina G. G. (2019), Procesos de aculturación, identidad étnica y migrantes, «Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana», 27, 55, pp. 31-47.
• Zamagni S. (2002), Migrazioni, multiculturalità e politiche dell’identità, in C. Vigna, S. Zamagni, Multiculturalismo e identità, Vita e Pensiero, pp. 221-262.
• Zanfrini L. (2016), Introduzione alla sociologia delle migrazioni, Laterza.


Autore
Giovanni Giulio Valtolina, Università Cattolica del Sacro Cuore (giovanni.valtolina@unicatt.it)